A un anno e mezzo dalla nomina come inviato di pace in Ucraina per conto di papa Francesco, il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e capo dell’episcopato italiano, racconta alla Rsi (Radiotelevisione Svizzera) la sua strada per la pace, “che nasce anzitutto dall’interrompere il meccanismo del rialzo degli strumenti bellici”.
Zuppi parla del conflitto in Ucraina, che “è iniziato nel 2014 e non si è mai arrestato”, della necessità di trovare “una pace duratura” con un negoziato nel quale tutte le parti “sono convinte per la pace”. E ancora del ruolo dell’Europa e dell’allarme perché “il seme del nazismo e del fascismo, nonostante la lezione terribile della guerra, purtroppo ha ancora dei seguaci”.
“La pace nasce da un cuore che non risponde al male col male, un cuore disarmato – sottolinea -. Che non significa però ingenuo, non significa debole. Tutt’altro. È una forza pelosa e pericolosa quella che si contrappone a un’altra forza, e che molte volte porta a compiere gesti o a dire parole o a perdere opportunità proprio perché è una forza offensiva e distruttiva.
Quindi bisogna disarmare. Forse dovremmo anche cominciare a parlare di più di riarmo e non di disarmo”. Secondo Zuppi, “Se vogliamo davvero costruire la pace dobbiamo cominciare a interrompere il meccanismo del rialzo degli strumenti bellici.
Dobbiamo costruire la pace anzitutto spegnendo gli incendi che ci sono e lavorando per un quadro di pace che garantisca una pace giusta ai belligeranti, ma che insieme possa anche rappresentare un quadro di stabilità, di convivenza indispensabile, perché altrimenti la pace diventa solo una tregua”.
In linea con quanto dice il Papa, Zuppi rileva che “certamente la guerra vuol dire che qualcuno si arricchisce. Gli interessi dei costruttori di armi sono interessi enormi, perché il costo di un missile è un qualcosa di impensabile, scandaloso rispetto alla fame, alla mancanza di scuole, di opportunità di lavoro… Quindi mettere i soldi sul riarmo vuol dire oggettivamente toglierli da altre cose e questo crea povertà oltre che distruggere”.
“Il rapporto causa effetto è difficile da stabilire – osserva – ma certamente ci sono degli interessi talmente grandi che possono condizionare le scelte dei singoli Paesi”. E a cominciare dall’Italia, “dobbiamo evitare la gara, perché se il meccanismo è che per difendermi devo avere di più degli altri, cioè appunto la corsa al riarmo, è ovvio che siamo tutti costretti a scegliere questa strada. Dobbiamo proprio cambiare categoria. Dobbiamo cambiare competizione, dobbiamo fermarci e provare a riabbassare tutto quanto”.
Sulla guerra in Ucraina, il presidente della Cei parla “di una storia di incomprensioni e di un conflitto che non è nato due anni fa, ma che perlomeno possiamo farlo risalire al 2014 con gli accordi di Minsk e con una violenza che ha attraversato il territorio ucraino, in particolare le province russe del territorio ucraino, che non si è mai arrestata”. “Allora teniamo presente questa complessità e da questa traiamo le indicazioni per una soluzione duratura che permetta di vivere insieme, di ricominciare una convivenza tra Ucraina e Russia. Anche perché la geografia non si cambia”, aggiunge.
Sul tema, infine, del ritorno di ideologie che sembravano essere state sepolte dalla storia, “quello che Eco chiamava il fascismo eterno c’è sempre, la prevaricazione, la violenza, la distorsione del potere – dice Zuppi -. I totalitarismi si assomigliano tutti anche nei mezzi che sceglie. Quindi questo è quello che noi dobbiamo combattere con fermezza. Poi credo che ci siano preoccupazioni anche perché il seme del nazismo e del fascismo, nonostante la lezione terribile della guerra, purtroppo ha ancora dei seguaci. E in questo caso ci sono le norme e le regole che devono essere applicate. Però il vero nodo è il fascismo eterno di cui parlava Eco, l’esclusione dell’interlocutore, la criminalizzazione, l’ignoranza. Sono tutte quante preoccupazioni che dobbiamo avere”.