Il Gesù della storia e il Cristo della fede
La difficoltà di risalire dai Vangeli al Gesù reale nasce dal fatto che non si è tiene conto delle leggi che regolano la trasmissione delle tradizioni presso gruppi dalla cultura non scritta, come erano quelli tra cui si formarono e circolarono i racconti su Gesù. Un discorso ritenuto importante per la storia e la vita della comunità può trasmettersi con singolare accuratezza nei suoi elementi essenziali di contenuto, pur variando a ogni ri-narrazione nei particolari per rispondere alle esigenze della trasmissione del messaggio.
La distinzione tra il concetto di “cronologia” e di “eziologia”
Per la cronologia (significa “scienza del momento) è essenziale l’accuratezza dei dettagli nella loro esattezza, per l’eziologia (che significa “scienza/ricerca del significato”) è più importante il contenuto, anche a scapito di deformare i dettagli per mettere maggiormente in risalto la verità (in questo senso ci sarebbe tutto un discorso da aprire sulla numerologia che non era determinata dal criterio scientifico ma da quello cabalistico, cioè dall’interpretare i numeri come simboli).
I Vangeli sinottici
Un accenno allora con questo angolo di visione la composizione dei Vangeli sinottici (Marco, Matteo, Luca). Marco è la base degli altri due e viene scritto circa nel 70 d.C., raccogliendo i racconti su Gesù trasmessi a voce quindi per 40 anni. Matteo ha come destinatari le comunità ebraiche, quindi sono frequenti i riferimenti e i parallelismi all’Antico Testamento. Luca invece ha come destinatari i greci e i “pagani” e quindi accentua l’aspetto delle parabole. In concreto ad esempio circa la nascita di Gesù: Marco non ne parla e inizia con il Giovanni Battista. Luca ha il racconto della annunciazione, della grotta, dei pastori, di Erode. Matteo ha la genealogia, la realizzazione della profezia di Isaia e la visita dei Magi e la fuga in Egitto (come l’antico popolo ebreo). La chiave di lettura quindi non è il diario dei fatti, ma l’interpretazione del senso alla luce della risurrezione, poiché il racconto è successivo alla risurrezione e annuncio di fede.
La chiave di interpretazione
Questa è anche la chiave di interpretazione del perché alcuni Vangeli siano stati scartati e ritenuti “apocrifi” parola che significa “non vero”. I quattro Vangeli che noi abbiamo nella Bibbia sono invece chiamati “canonici”, cioè “scelti”. I Vangeli apocrifi sono molto simili a quelli che usiamo, ma hanno raccolto alcune tradizioni troppo esasperate spesso in eccessi di miracoloso (soprattutto dell’infanzia di Gesù). Il loro intento era dimostrare che Gesù era il Messia, il Cristo, ma scadendo poi in favole, con i toni troppo caricati. All’inizio erano anche usati per i raccconti, ma fin da subito scartati per la preghiera e la liturgia. Col tempo vennero “nascosti” per due motivi semplici: il primo di protezione della gente per non creare confusione, il secondo invece era propriamente economico. I Vangeli erano scritti a mano su carta pecora. Ogni Vangelo era quindi un investimento colossale.
La pelle della pecora
La pelle di una pecora serviva per 4 pagine, ce ne volevano almeno 400 per una Bibbia, quindi un gregge di 100 pecore per un libro, quindi la fornitura di latte per un anno di un paese intero. Capite che era più opportuno copiare a mano un Vangelo canonico e limitare le copie di quelli apocrifi a poche biblioteche dove gli studiosi potevano andare a cercarli. È una leggenda quella per cui la Chiesa li ha nascosti perché c’era scritto chissà che cosa. Abbiamo bisogno di liberare la persona di Gesù e la fede in Cristo da tante ingenue rappresentazioni, a vantaggio della fede stessa, per una opzione fondamentale che diventa criterio etico, metro di misura, qualità alta di vita. La storicità di Gesù è ormai riconosciuta da tutti: credenti e non credenti. Su di lui abbiamo varie attestazioni “laiche” antiche come gli storici romani Tacito, Plinio il Giovane, lo storico ebreo Giuseppe Flavio. Ci sono anche delle tradizioni ebraiche antiche (Talmud) del II-IV secolo. Tutte in polemica anticristiana: Gesù è solo un profeta, o peggio un incantatore del popolo, un mago. Lo si attacca proprio perché è esistito, altrimenti sarebbe ignorato.
Il dialogo tra storia e teologia
È dunque necessario un dialogo critico fra storia e teologia. Ritornare alle fonti è perciò un compito fondamentale: è la ricerca dei criteri in un preciso contesto culturale e la ricerca del senso che si rivela in Gesù-Cristo, per noi, oggi. Collocare Gesù nel suo contesto storico e culturale è assolutamente necessario per comprenderne il senso. La fede si interessa alla storicità di Gesù, dunque, perché attraverso di essa perviene al significato della sua persona e del suo messaggio qui e adesso. La comprensione storica e teologica, conseguente alla fusione dei due orizzonti, ha un terzo elemento essenziale ineludibile: il Gesù (1) storico, il Cristo (2) della fede è il Signore (3), il crocifisso (1) risorto (2) vivente nella Chiesa (3). L’incontro con Gesù-Cristo-Signore non può essere solitario (4), ma esige la testimonianza. L’apice della preghiera più alta (che è quella liturgica-comunitaria-eucaristica – più di così non si può) è infatti “PER IL NOSTRO (4) SIGNORE (3) GESU’ (1) CRISTO (2)”. Sono i punti cardinali che con la comunità celebro e nella società vivo: quel Gesù è il senso della vita (fede), il colore del futuro (speranza), il gusto delle mie relazioni (amore/carità).
Svalutarsi è bestemmia
È meravigliosa in questo senso quella strana definizione: “È il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe. Il Dio dei viventi”. Un Dio di persone e non di cose, di idee, di riti, di istituzioni. Non è il Dio della pace, della Chiesa, dello Stato. È il Dio di Giorgio, di Sofia, di me, di te. Dio si incarna, cioè entra nella mia carne. I musulmani pregano con una specie di corona del rosario che ha 99 nodi: sono i 99 nomi di Dio. Dice il Corano: “Ad Allah appartengono i nomi più belli, invocatelo con quelli”. L’onnipotente, il santo, il misericordioso, il creatore, il plasmatore, colui che apre, il ben informato, il riconoscente, il generoso, colui che trova tutto ciò che vuole, il dolcissimo. Ne manca uno, quello che noi usiamo di più. Non c’è “padre”. Per noi il “centesimo” nome di Dio è quello fondamentale perché non dice cosa fa, ma cosa è: colui che ti dà un nome, una possibilità di vita. Dio non ci vuole perfettini, ma “padri”, capaci di “dare vita”, non solo nel senso di fare figli, ma nel senso di “mettere vita” in tutte le nostre relazioni. Il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio di Gesù, ci dice: tu sei un nome di Dio! La tua vita è un nome di Dio! Non nominare il nome di Dio invano. Logorarsi è bestemmia. Svalutarsi è bestemmia. È il mistero dell’incarnazione, Dio si fa storia, Dio non solo abita la storia del mondo ma è coinvolto nelle mie storie. “Dio non può farcela da solo: per realizzare il suo sogno deve entrare nei sogni dell’uomo e l’uomo deve poter sognare i sogni di Dio” (A. Heschel).