Era una di quelle donne che non permetteva a nessuno di fare ombra sulla sua anima: era abituata – per questo si era allenata da bambina – a circondarsi di luce: “Non permetterò mai a nessuno di farmi dimenticare che il più grande amore della mia vita sono io” scrisse, forse, nel diario segreto che nessuno riuscì mai a leggere. Fu per questo Maria, è della ragazza di Nazareth che si sta parlando, amò di un amore puro tutto ciò nel quale si imbattè in vita sua: l’amò, traendo il succo migliore da tutto ciò che assaporava, per non permettere che la vita morisse in lei. Visse così, col timore di Dio cucito addosso: “Non permettere mai, bambina mia – sarà stato il suggerimento della madre Anna –, non permettere mai a quello che hai perduto di trattenerti dove l’ha perso”. E fu così che, giorno dopo giorno, Maria crebbe in corporatura, età e bellezza davanti al padre e alla madre. Poi, siccome si era allenata assieme alla gente povera, imparò anche mettere in conto, quando iniziò a fare i conti con la sua vita, che nessun sogno ti chiederà mai il permesso di entrare dentro di te: si affacceranno, ti bisbiglieranno addosso qualcosina e, mentre darai loro retta, loro si infileranno dentro in una maniera così dolce e soave da accorgerti di loro sogni facendo.
La sorpresa
Per questo, quando l’arcangelo le apparve all’improvviso, colse di sorpresa Maria, accorgendosi però che già si era preparata alle sorprese: «Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te». Si avvicinò con discrezione, in punta di piedi, quasi a chiederle permesso per entrare dentro quella pudicizia così sensuale da fare arrossire persino un postino così speciale come Gabriele. Lei, me l’immagino, lo guardò sbalordita, leggermente frastornata, lietamente spaesata: era fatta di una bellezza vera, travolgente, semplice. Era una di quelle bellezze che non ti corre incontro per essere capita ma per essere stretta, abbracciata forte. «Non temere, perchè hai trovato grazia presso Dio». Sapere di avere trovato grazia, presso Dio, è avere fatto bingo nella vita. É sentire una voce dentro che, risuonando forte, ti dice: “Comunque andrà, ricordati che ti ho amato io per primo!” E tu che, come fosse una gara tra bambini, provi a ribattergli: “No, sono arrivato prima io!” Dio, testardissimo: “No: ti ho amato io per primo, prima ancora che ti accorgessi che io c’ero”. «Concepirai un figlio, lo darai alla luce (…) Sarà grande, regnerà per sempre, il suo regno non avrà mai fine». Avrà esagerato, l’arcangelo? Nessuno può entrare nella testa d’un messaggero di così potenti messaggi: certo è che ci vuole sempre un certo stile per praticare l’arte dell’esagerazione senza apparire esagerati. Senza sentirsi dire che non si è così sprovvisti da dare retta al primo angelo di passaggio: «Com’è avverrà questo, poiché non conosco uomo?»
Bellamia
Siccome non aveva scheletri da nascondere nel suo armadio, si concesse il lusso di dissentire. Se non di dissentire, di chiedere una spiegazione a quella felicitazione di così grande portata: lei, Maria, non voleva per nessun motivo al mondo venire meno alla fedeltà a se stessa. Men che meno svilire la sua libertà per intascarsi un complimento da sabato sera. L’arcangelo, da parte sua, non potè nemmeno innervosirsi di fronte all’autorità di quella gentilezza così diafana. “Ti capisco, bellamia – le avrà detto con un leggerissimo moto di sguardo -: il fatto è che qui è al lavoro Dio”. Detto con raffinatezza: «(Nessuno qui fa pettegolezzi), Nulla è impossibile a Dio». Glielo disse guardandola con uno sguardo che a Lei disse tutto, uno sguardo che rimbalzò in alto, al piano di sopra dove svolazzava un altro pensiero. Parole, quelle – «Non temere, Maria!”» – che avevano intravisto in lei qualcos’altro, un qualcosa di più. Lei, Maria, era la prima riga della pagina: pulitissima, liscia, splendida. Quando disse sì – «Eccomi, che avvenga di me quello che hai detto» – non conosceva ancora pienamente ciò che l’aspettava, ma sapeva che sono esattamente così le cose magiche: non le conosci, non le calcoli e, un attimo dopo, sono tutta la tua vita.
Il Vangelo
In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei (Vangelo di Luca, 1,26-38).