La tipologia biblica, di natura essenzialmente escatologica, fissa il contenuto della teologia della storia della salvezza, la cui natura riposa sul dogma calcedonese. Sembra possibile giustificare ulteriormente questa affermazione, appurando il fatto che la tipologia delimita pure i caratteri del contenuto della storia salvezza nel suo svolgi-mento attuale. Nel pensiero di Daniélou se ne possono rintracciare almeno tre.
Compenetrazione tra storia della salvezza e quella totale
nella ratifica dei reciproci caratteri
Il primo è il sinergismo[1], che è, in generale, la corrispondenza tra le tappe diverse della storia, per cui ognuna di esse era una figura, un tipo delle successive[2]. In particolare, la tipologia del Nuovo Testamento presenta come già realizzati in Gesù gli eventi escatologici che l’Antico Testamento rimirava solo come avvenire[3]. Il secondo è quello che la teologia orientale, soprattutto Gregorio di Nissa, designa come [4], ossia la «successione ordinata» delle tappe diverse della storia totale[5], il cui termine è l’instaurazione di ogni cosa nel Cristo. In questo senso appare anche che il mistero del tempo si chiarisce completamente nel suo contenuto religioso, il cui fine è quello di permettere il ritorno delle libertà a Dio, ritorno che non può essere che progressivo[6]. Come si vede, il ricorso a Gregorio di Nissa e alla scoperta dell’Inge, per il Daniélou, da opera ricognitiva, al fine di individuare l’ordine della storia della salvezza e a includere in esso la storia totale[7].
Il terzo carattere dello sviluppo attuale della storia della salvezza coincide con il suo aspetto escatologico che si può, per esempio, intravede-re nella classica tipologia del numero quaranta. Essa, accomunandosi ai quarant’anni di Israele nel deserto (Dt 7,2-4; 29,4-5; Num 14,34), ai quaranta giorni di tentazione subiti da Gesù Mt 4,2; Mc 1,12; Lc 4,2) e al tempo della Quaresima vissuto liturgicamente nella Chiesa, mette in risalto i tre piani successivi della storia della salvezza[8] fino al tempo attuale[9], ed esplicita, simultaneamente, la tensione in cui i credenti si trovano a vivere, fino alla fine: fino al temine si vivrà un tempo di giudizio esercitato da Dio sulle persone e sugli eventi storici[10]. L’enunciazione dei tre caratteri della tipologia biblica in quanto ermeneutica del tempo dell’attualità, distanzia e distingue pertanto il Daniélou dalle soluzioni delle varie correnti escatolo-giche[11]; analogamente, il riconoscimento della natura della teologia della storia all’interno del dogma calcedonese, gli permette di affermare che la parusìa non sarà una conclusione dell’evoluzione dell’umanità, né, tanto meno, che la storia della Chiesa sarà completamente sganciata dal contributo dell’azione umana[12].
Le decisioni per il futuro regolate dall’estensione attuale
di ciò che è già acquisito nel passato
Quest’ultima generale osservazione intorno al rapporto tra il ritorno del Signore alla fine dei tempi e l’attività del credente, è la premessa con la quale Daniélou, guardando alla vita esemplare dell’apostolo Paolo, enume-ra le decisioni umane che permetteranno, nel senso correttamente inteso, lo svolgersi della storia della salvezza. Una prima caratteristica della decisionalità del credente sarà la sua audacia di dover agire in un tempo di proroga della pazienza di Dio, per offrire a tutti la possibilità della scelta per o contro Cristo (2Cor 5,11-19)[13]. La seconda e la terza consistono rispettivamente nella povertà del perdere se stessi (2Cor 6,4-10)[14] e nella sincerità della carità a favore dell’annuncio del vangelo lontani dallo Spirito del mondo (2Cor 1,12-14)[15]. La quarta è lo zelo attivo affinché la volontà di Dio nella storia sia portata a compimento. Esso ricorda l’energia con la quale si esprime la gelosia stessa di Dio nei confronti del suo popolo allorché veniva infranta l’alleanza[16].
L’attività del credente è, infine, guidata da una gnosi, se con questa si intende l’intelligenza religiosa della storia che lo Spirito Santo continua a operare in lui per offrire una visione di fede della temporalità vissuta (1Cor 2,6-11)[17]. Non impropriamente questa gnosi è attribuibile, secondo il nostro teologo, al ministero profetico della comunità cristiana primitiva[18]. Adesso come allora, la visione del profeta sulla storia è sempre informata dalla speranza, in quanto virtù teologale di colui che è nel tempo. Essa si appoggia sul passato per raggiungere l’avvenire attraverso la pazienza del presente (Rm 8,23)[19], visto che l’uomo credente attende soltanto l’«estensione»[20], di ciò che già è acquisito, a tutte le nazioni che devono entrare nella gloria trinitaria[21]:
La carità missionaria è l’unica e decisiva giustificazione del rinvio della Parusia. […] La Scrittura afferma dunque che noi possiamo fare qualcosa per affrettare la Parusia del Signore, per affrettare la liberazione e la trasfigurazione del mondo. […] Sappiamo come la condizione della Parusia sia innanzitutto che «il Vangelo del Regno venga predicato in tutto il mondo, come testimonianza presso tutte le nazioni»: (Mt 24,14)[22].
[1] Cf MH, 223=201.
[2] È importante, in questo caso, la seguente osservazione di Daniélou, «Qu’est-ce que la Typologie», 202: «Les historica sont figures des pneumatica, en précisant bien qu’historica ne signifie pas ici historique au sens moderne du mot, car les pneumatica le sont aussi en ce sens, mais anecdotique». Con ciò va anche contemporaneamente sottolineato che, nell’ambito della Scrittura, tutta la tipologia si radica nella profezia: cf MH, 235-212. Cf pure I. Gargano, «La metodologia esegetica», 197-221.
[3] Cf MH, 241=217, e J. Daniélou, «The Conception of History», 172-173.
[4] Cf J. Daniélou, L’Étre et le Temps, 1-20. Parlarono altri Padri dell’ambiente teologico latino, come Agostino. A questo proposito, si veda J. Guitton, Le Temps et l’Éternité, 340-345.
[5] Daniélou mutua questo termine da Gregorio di Nissa, il quale lo assimila a sua volta dalla filosofia greca e specialmente da Aristotele ((384-322 a.C.). Proprio perché viene considerata la storia nella sua estensione totale, questa locuzione viene usata dai Padri per affermare che «le leggi naturali non sono l’espressione di un cieco destino, ma di una Provvidenza che guida le cose al loro fine, che è l’unione con Dio» o divinizzazione: MH, 262-263=236-237. In questo modo viene anche spiegato il rapporto tra il piano della creazione e quello della redenzione, visto che, come c’è lla grazia, c’è anche del peccato e di indole disgregatrice: «La storia della salvezza appare così come un’invasione progressiva del bene che cerca di ridurre il peccato»; MH, 272=244. Da quest’angolo visuale, inoltre, la storia della salvezza è una «histoire intelligible», in cui gli eventi presentano un ordine e un legame: J. Daniélou, «Traversée de la mer Rouge», 429. La sottolineatura è nostra. Per questo «le but de l’exégèse est d’expliquer ce langage de l’histoire, d’établir les correspondances qui relient les événements et les institutions à travers les siècles»: ibid., 429.
[6] Cf MH, 273=245.
[7] L’affermazione di Daniélou in merito al rapporto tra storia sacra e storia profana è quanto mai chiara, poiché tra le due vi è unità e reciproca compenetrazione: «Si nous voulons embrasser tous les aspects du problème, nous arrivons alors à discerner une double relation du christianisme et de l’histoire. D’une part, le christianisme est dans l’histoire. […] Mais, par ailleurs, l’histoire est dans le christianisme; l’histoire profane rentre dans l’histoire sainte, car c’est elle à son tour qui est une partie dans un tout où elle constitue une préparation»; J. Daniélou, «Christianisme et histoire», 175-176. Cf anche Id., «À travers les Revues», 399-402. Differenti sono, tuttavia, le opinioni circa un’evoluzione che sembra abbia subìto la questione del loro rapporto all’interno del pensiero del nostro teologo. Le divergenze vertono attorno agli scritti principali sulla teologia della storia dell’autore che si stanno qui analizzando, nei quali sembrerebbe che da Id., «Christianisme et histoire» a Id., L’Éssai sur le mystère de l’histoire, Daniélou passi da un approccio escatologico a uno incarnazionista. A favore di questa prima ipotesi vi sono B. Besret, Deux chapitres, 139-140; G. Thils, Théologie des réalités terrestres. I. Préludes. II. Théologie de l’histoire, 42 (il quale critica il primo dei due scritti dell’autore), e G. Colombo, «Escatologismo e incarnazionismo», 357-359, che individua tale passaggio nello scritto J. Daniélou, «Geschichtstheologie», 793-796. Poiché, invece, si può dimostrare che in tutti e tre gli scritti permane un’identità di vedute circa tale questione, assieme a D. Valentini, La teologia della storia, 128, nota 180, condividiamo l’ipotesi che, almeno fino a quando fu scritto Id., «Geschichtstheolo-gie», 793-796 (1960), il pensiero di Daniélou è di ispirazione sostanzialmente escatolo-gico. Cf anche F. Donadio, Elogio della storicità, 161-164, assieme al relativo com-mento di P. Vanzan, Recensione «Francesco Donadio, Elogio della storicità», 311-312.
[8] Cf MH, 274=245-246.
[9] Se la tipologia del numero quaranta ha a che fare con lo sviluppo della storia — secondo tre piani — nel momento attuale e si connette, pertanto, con la periodizzazione del tempo, non di meno ci sarà anche da ricordare che «essi costituiscano la preparazione ai cinquanta giorni della Pentecoste. Ora questi — e stavolta per ragioni puramente bibliche — si trovavano a simboleggiare la vita eterna, perché indicano ciò che si trova al di là della settimana delle settimane, immagine essa stessa della totalità del tempo»: MH, 288=258. I corsivi sono nostri. Cf anche J. Daniélou, «La typologie millénariste», 1-16, e Id., Bible et Liturgie, 373-387.
[10] Cf MH, 292=262.
[11] La classificazione che Daniélou fa delle diverse correnti escatologiche è originale: escatologia conseguente (A. Schweitzer, 1875-1965), realizzata (C.H. Dodd, 1884-1973), esistenziale (R. Bultmann, 1884-1976), anticipata (O. Cullmann, 1902-1999), iniziata (D. Mollat, 1904-1977). Quest’ultima, in particolare, viene da lui riconosciuta come quella in cui il punto di vista storico e quello esistenziale vengono opportunamen-te conciliati attraverso la categoria di «giudizio» che segnerà tutta la storia fino alla sua definitiva consumazione: cf MH, 292-298=262-268; J. Daniélou, «Réponse à Oscar Cullmann», 105-116, e Id., «Existentialisme et thélogie de l’histoire», 131-135. Si deve, inoltre, ricordare che Cullmann è lo scrittore contemporaneo dal quale Daniélou sembra dipendere maggiormente nella sua visione teologica della storia, come ha egli stesso ammesso, recensendo la traduzione francese di O. Cullmann, Christus und die Zeit (1946), stampata a Parigi l’anno seguente (1947): cf J. Daniélou, Recensione «Oscar Cullmann: Christ et le temps», 145-148, e l’altra per il medesimo teologo O. Cullmann, Petrus – Jünger, Apostel, Märtyrer, Zürich 1952, pubblicata in francese lo stesso anno a Parigi, J. Daniélou, «Un Livre protestant sur Saint Pierre», 206-219, dove si afferma che «la théologie biblique du Cullmann non seulement présente un immense progrès sur celle d’un Barth ou d’un Bultmann, mais contient des éléments positifs qu’il est le premier à mettre en valeur»: ibid., 207. In occasione del 60° anno di età di Cullmann e riferendosi, ancora una volta, al libro Christus und die Zeit, scrisse: «Je dois personnellement beaucoup à ce livre et ma participation à ce volume d’hommage est pour moi l’acquittement d’une dette de reconnaissance»; J. Daniélou, «Figure et événement», 283. La dipendenza tra i due teologi è constatata anche da D. Valentini, La teologia della storia, 173, nota 74, e da J. Ratzinger, Theologische Prinzipienlehre, 180-181.
[12] Cf MH, 221-222=199-200.
[13] Cf MH, 305-315=273-282.
[14] Cf MH, 316-320=283-287.
[15] Cf MH, 333-337=298-301.
[16] Citando san Paolo (Rm 11,11-15), Daniélou inserisce a questo livello la questione della mancata conversione di Israele. In essa si esprime chiaramente che lo zelo è, innanzitutto, di Dio — in quanto gelosia divina — manifestato per eccitare a sua volta la gelosia del popolo eletto nei confronti dei Gentili: cf MH, 346-350=308-312.
[17] Cf MH, 360-362=321-323.
[18] «On pourrait le rapporter au ministère prophétique, en tant que le Prophète est le témoin de Dieu parmi les hommes. Toutefois, mettrons-nous l’accent sur ce qui est le caractère absolument propre du ministère prophétique, à savoir d’être la manifestation de Dieu en tant qu’il agit dans l’histoire»: J. Daniélou, Le mystère de l’Avent, 151.
[19] Cf MH, 371=331. Per il significato di «pazienza» del credente durante il tempo dell’attesa e dell’annuncio missionario, cf J. Daniélou, Le mystère du salut, 105-111.
[20] L’«estensione» definisce propriamente il tempo in cui noi viviamo in quanto ritardo che separa l’ascensione dalla parusìa. È durante tale ritardo che la salvezza già acquisita dal Cristo deve essere «estesa» all’umanità intera, attraverso la mediazione della Chiesa e il mistero della missione: cf J. Daniélou, «Christianisme et histoire», 181-182. Inoltre, il concetto di estensione deve essere concepito «non per la fine dei tempi, ma all’interno di essi»: MH, 378=337.
[21] Cf MH, 376=335-336.
[22] MH, 380-381=338-339.