Proprio circa ventitré anni fa[1], durante il Grande Giubileo del Duemila, ebbi modo di prendere parte a un importante Congresso Internazionale sulla Recezione e attualità del Concilio Vaticano II (1962-1965)[2], come membro della Facoltà di Teologia della Pontificia Università Gregoriana, essendone allora Assistente Scientifico. Ricordo molto bene che i lavori furono chiusi, in Vaticano, da un memorabile discorso del Beato Giovanni Paolo II (1920-2005), al quale mi richiamerò a breve. Il Curatore del ponderoso volume degli “Atti” mi chiese, nel frattempo, di tradurre in italiano, la lingua, appunto, del volume, gli interventi che a quel Congresso, furono tenuti in tedesco e in inglese. Al di là dello sforzo richiestomi, ebbi, così, l’opportunità di addentrarmi nei testi originali e capire che il gheriglio teoretico dell’intero materiale – se così possiamo dire – aveva a che fare con la natura della Chiesa, esattamente lo stesso tema di questo mio intervento.
Infatti, nel discorso che il Santo Padre Giovanni Paolo II ci tenne il 27 Febbraio del 2000 egli affermò che, anzitutto, il Concilio fu «un’esperienza di fede per la Chiesa»; anzi disse testualmente «un atto di abbandono a Dio che, da un esame sereno degli Atti, emerge sovrano»[3]. Inoltre – egli proseguì – il Concilio fu una vera sfida per i Padri conciliari, che consisteva – e cito ancora testualmente – «nell’impegno di comprendere più intimamente, in un periodo di rapidi mutamenti, la natura della Chiesa e il suo rapporto con il mondo per provvedere all’opportuno “aggiornamento”»[4]. E concluse: «Ciò che abbiamo compiuto al Concilio è stato di rendere manifesto che anche l’uomo contemporaneo, se vuole comprendere a fondo se stesso, ha bisogno di Gesù Cristo e della sua Chiesa, la quale permane nel mondo come segno di unità e di comunione»[5].
In poche battute, il Beato Karol Józef Wojtyła aveva sintetizzato, a quarant’anni dall’assise conciliare, non soltanto l’esatto scenario in cui si doveva collocare l’interpretazione del Vaticano II – ovvero l’“ermeneutica della riforma” e non quella della discontinuità – ma aveva altresì ribadito il proprio peculiare contributo al Concilio stesso: l’unità relazionale sussistente tra Gesù Cristo, la Chiesa e il mondo. In questo intervento ci soffermeremo soprattutto sulla teologia della Chiesa emergente dagli interventi al Concilio di Karol Wojtyła. E ci accorgeremo, forse, di quanto essi siano stati determinanti e significativi nell’orientare quella realtà di Chiesa «communio», da cui tutti noi oggi traiamo fecondo beneficio spirituale, pastorale e umano.
Il giovane vescovo ausiliare al XXI Concilio Ecumenico della Chiesa
Osserviamo innanzitutto alcuni dettagli storici affatto irrilevanti. Primo dettaglio storico. Sappiamo che quando fu indetto il Concilio (25 Gennaio 1958), l’Arcivescovo di Cracovia Eugeniusz Baziak (1890-1962), oramai malato e debole, chiese al giovane vescovo ausiliare Karol Józef Wojtyła di parteciparvi e di rappresentare la Chiesa di Cracovia[6]. Nel frattempo il 16 Luglio 1962 Wojtyła venne nominato, dal Capitolo di Cracovia, vicario capitolare della stessa Arcidiocesi e poteva, così, partecipare inizialmente, proprio in questa veste, ai lavori conciliari[7]. La provvidenza gli fece prendere parte a tutto il calendario[8] ed egli ritenne una vera grazia di Dio il fatto che le autorità polacche gli avessero permesso di intervenire in tutte le sessioni conciliari[9]. I lavori dei vescovi polacchi venivano coordinati dal Cardinale Stefan Wyszyński, il quale indicava gli argomenti che si dovevano presentare. Il vescovo Wojtyła era, sotto questo aspetto, autonomo. Egli stesso sceglieva e scriveva da solo i suoi interventi, avendo presenti evidentemente numerose questioni ben ponderate e sperimentate dal punto di vista pastorale e, cioè, dalla prospettiva ecclesiologica ex-professo. Ai preti studenti di Cracovia che restavano a sua disposizione affidava, al massimo, di battere a macchina il testo dell’intervento[10]. Il giovane vescovo polacco aveva dunque, fin dall’inizio dei lavori, una visione di Chiesa aperta a Cristo, all’uomo e al mondo.
Secondo dettaglio storico. Com’è risaputo, pochi mesi dopo l’avvio dell’assise conciliare, all’inizio del 1963, bisognava provvedere alla nomina dell’Arcivescovo della sede di Cracovia divenuta, nel frattempo, vacante (1962). A prima vista la candidatura del giovane ausiliare Karol Wojtyła non sembrava affatto sicura. Wyszyński, che aveva poca simpatia per l’ambiente assai intellettuale di Cracovia, sottopose alle autorità politiche – allora si usava fare così nella Polonia comunista – una lista di sei candidati, nella quale Wojtyła figurava per ultimo. Si ha oggi ragione di credere che la nomina di Wojtyła ad Arcivescovo di Cracovia (13 Gennaio 1964) deve essere anche attribuita alla sua partecipazione al Concilio: è a Roma che i “tenori” dell’episcopato polacco lo scoprono e vengono favorevolmente impressionati dal coinvolgimento personale del giovane ausiliare nelle diverse attività del Concilio da poco iniziato[11].
Gli interventi al Concilio sulla “teologia della Chiesa”
Compiamo ora un secondo tratto e passiamo ai lavori conciliari. Con un’opzione di metodo: distaccandoci dall’esergo iniziale studieremo il contributo di Karol Wojtyła nella sua veste di Padre conciliare, essendo già abbondante la letteratura teologica che ne sintetizza, invece, l’apporto nella veste di Sommo Pontefice. In sede preliminare, dunque, se volessimo circoscrivere il contributo a quo e ad quem offerto da Karol Wojtyła possiamo senz’altro affermare che l’impegno del giovane vescovo polacco ai lavori conciliari si racchiude tra il suo testo sulla crisi dell’umanesimo inviato il 30 Dicembre 1959 alla Commissione antepreparatoria del Concilio[12] e i suoi interventi, successivamente nella veste di Arcivescovo metropolita di Cracovia, alle sessioni I, II, III, e IV del Concilio, soprattutto con i faticosi lavori sullo Schema XIII, da cui emerse la Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, Gaudium et spes (7 Dicembre 1965). Scopo di questo intervento, però, è proprio quello di constatare quanto determinante sia stato anche il contributo personale che Karol Wojtyła ha offerto durante le sessioni conciliari all’elaborazione degli schemi che portarono alla Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium (21 Novembre 1964), e quindi – come abbiamo anticipato – all’ecclesiologia di comunione, al Decreto sull’Ecumenismo Unitatis Redintegratio (21 Novembre 1964) e, infine, all’intuizione che la Chiesa condivida gioie, speranze e dolori del mondo contemporaneo, come recita, appunto, Gaudium et spes fin dal suo incipit.
È opinione fondata di chi qui scrive, però, che Karol Wojtyła abbia lavorato come Padre Conciliare anche in altri due modi, non del tutto così insignificanti per la corretta comprensione della sua ecclesiologia: il primo si rintraccia nelle non ancora del tutto organicamente esplorate «Lettere dal Concilio» ai fedeli e sacerdoti della sua Diocesi[13] e il secondo nella celebrazione del famoso Sinodo di Cracovia (1972-1979), il primo sinodo non giuridico a carattere pastorale. In merito alle prime si deve almeno ricordare come gli stesse molto a cuore condividere questa grande esperienza con la Chiesa di Cracovia. Per questo scrisse diverse lettere ai singoli sacerdoti e alcune a tutto il presbiterio nel suo insieme. Tornando in Polonia in ogni occasione parlava dei lavori del Concilio e spiegava il pensiero dei Padri ai diversi gruppi di laici che incontrava[14]. In merito al secondo, preceduto dal libro scritto dallo stesso Wojtyła Alle fonti del rinnovamento. Studio sull’attuazione del Concilio Vaticano II (1972)[15], vengono ancora oggi ricordati i “Gruppi di Studio” che con il metodo della preghiera, della lettura delle Scritture e di un’aperta discussione del messaggio dal Concilio, costituirono un’autentica “Scuola sinodale»[16]. Procediamo, tuttavia, con ordine e rigore, cominciando, anzi tutto, dagli interventi al Concilio seguendo il calendario delle varie sessioni. (Continua venerdì prossimo).
[1] Conferenza che l’Autore ha tenuto nella Sala Sant’Apollonia in Venezia durante il Convegno organizzato dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose «San Lorenzo Giustiniani» il 12 Marzo 2011 sul tema «“Una pietra miliare nella storia bimillenaria della Chiesa”. Il contributo di Giovanni Paolo II al Concilio Vaticano II».
[2] Cfr. Comitato per il Grande Giubileo dell’Anno Duemila, Il Concilio Vaticano II. Recezione attualità alla luce del Giubileo, a cura di Rino Fisichella, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2000.
[3] Giovanni Paolo II, Discorso del Santo Padre, in Comitato per il Grande Giubileo dell’Anno Duemila, Il Concilio Vaticano II, 737-741, qui 737.
[4] Giovanni Paolo II, Discorso del Santo Padre, 738.
[5] Giovanni Paolo II, Discorso del Santo Padre, 741.
[6] Cfr. S. Dziwisz, «Aprite le porte a Cristo!». Il pontificato di Giovanni Paolo II frutto del Concilio, in Z.J. Kijas – A. Dobrzyńsku, ed., Cristo,Chiesa, Uomo. Il Vaticano II nel pontificato di Giovanni Paolo II. Atti del Convegno Internazionale promosso dalla Pontificia Facoltà Teologica San Bonaventura-Seraphicum e dalla Fondazione Giovanni Paolo II Centro di Documentazione e Studio del Pontificato (Roma, 28-30 Ottobre 2008), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2010, 21-23, qui 21.
[7] Mons. Józef Karol Wojtyła arrivò alla stazione ferroviaria di Roma Termini il 7 Ottobre 1962 alle ore 8:55 assieme ad altri 13 vescovi polacchi capeggiati dall’Arcivescovo di Gnisno e Varsavia Card. Stefan Wyszyński (1901-1981). Il vagone letto speciale su cui avevano viaggiato era stato inviato a Varsavia dal Papa Beato Giovanni XXIII (1881-1963). Altri nove vescovi sarebbero arrivati in seguito: G. Alberigo, ed., Storia del concilio Vaticano II. I. Il cattolicesimo verso una nuova stagione. L’annuncio e la preparazione (Gennaio 1959-Settembre 1962), Il Mulino, Bologna 1995, 510-511.
[8] Cfr. Ryłko, Presentazione, in Z.J. Kijas – A. Dobrzyńsku, ed., Cristo, Chiesa, Uomo. Il Vaticano II nel pontificato di Giovanni Paolo II. Atti del Convegno Internazionale promosso dalla Pontificia Facoltà Teologica San Bonaventura-Seraphicum e dalla Fondazione Giovanni Paolo II Centro di Documentazione e Studio del Pontificato (Roma, 28-30 Ottobre 2008), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2010, 5-7, qui 5-6.
[9] Cfr. T. Bertone, «Parliamo all’uomo in modo comprensibile», in Z.J. Kijas – A. Dobrzyńsku, ed., Cristo, Chiesa, Uomo. Il Vaticano II nel pontificato di Giovanni Paolo II. Atti del Convegno Internazionale promosso dalla Pontificia Facoltà Teologica San Bonaventura-Seraphicum e dalla Fondazione Giovanni Paolo II Centro di Documentazione e Studio del Pontificato (Roma, 28-30 Ottobre 2008), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2010, 29-37, qui 30.
[10] Cfr. T. Pieroneck, Ricezione del Concilio Vaticano II nei lavori e documenti del Sinodo di Cracovia 1972-1979, in Z.J. Kijas – A. Dobrzyńsku, ed., Cristo, Chiesa, Uomo. Il Vaticano II nel pontificato di Giovanni Paolo II. Atti del Convegno Internazionale promosso dalla Pontificia Facoltà Teologica San Bonaventura-Seraphicum e dalla Fondazione Giovanni Paolo II Centro di Documentazione e Studio del Pontificato (Roma, 28-30 Ottobre 2008), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2010, 57-66, qui 58.
[11] Cfr. T. Szluc, Pope John Paul II, Scribner, New York 1995, 227-228. Si veda anche G. Alberigo, ed., Storia del concilio Vaticano II. II. La formazione della coscienza conciliare. Il primo periodo e la prima intersessione (Ottobre 1962-Settembre 1963), Il Mulino, Bologna 1996, 565.
[12] Cfr. T. Pieroneck, Ricezione del Concilio Vaticano II, 58.
[13] Secondo M. Faggioni – G. Turbanti, ed., Il concilio inedito. Fonti del Vaticano II, Il Mulino, Bologna 2001, 20-23, anche questo materiale è indispensabile per la corretta interpretazione del Concilio. L’osservazione è certamente condivisibile, meno l’impostazione “teologica” del testo qui citato. Negli anni 1962-1965 Wojtyła scrisse 11 “Lettere pastorali” (la prima è datata 5 Novembre 1962) le cui tematiche riguardavano i lavori del Concilio e accompagnavano tutti i passaggi del suo cammino: cfr. S. Oder, La Santità come misura di vita cristiana. Il Concilio nella vita del Servo di Dio Giovanni Paolo II, in Z.J. Kijas – A. Dobrzyńsku, ed., Cristo, Chiesa, Uomo. Il Vaticano II nel pontificato di Giovanni Paolo II. Atti del Convegno Internazionale promosso dalla Pontificia Facoltà Teologica San Bonaventura-Seraphicum e dalla Fondazione Giovanni Paolo II Centro di Documentazione e Studio del Pontificato (Roma, 28-30 Ottobre 2008), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2010, 279-289, qui 281-283.
[14] Cfr. S. Dziwisz, «Aprite le porte a Cristo!», 22.
[15] «Sulla base dell’esperienza conciliare scrissi Alle fonti del rinnovamento. All’inizio del libro affermavo che voleva essere un tentativo di estinguere il debito contratto da ogni vescovo nei riguardi dello Spirito Santo, partecipando al Concilio. Sì, il Concilio ebbe in sé qualcosa della Pentecoste: indirizzò l’episcopato di tutto il mondo, e quindi la Chiesa, proprio sulle vie lungo le quali occorreva procedere al termine del secondo millennio. Vie di cui parla Paolo VI nell’Ecclesiam suam»: Giovanni Paolo II, Varcare la soglia della speranza, con Vittorio Messori, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1994, 172. Il volume è stato pubblicato in italiano solo nel 2007: Karol Wojtyła, Alle fonti del rinnovamento. Studio sull’attuazione del Concilio Vaticano Secondo, a cura di Flavio Felice, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli (CS) 2007 [or. Id., U podstaw odnowy. Studium o realizacji Vaticanum II, Kraków, Polskie Towarzystwo Teologiczne, Kraków, 1972; Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1981].
[16] «Circa la disposizione di questi tre elementi il cardinale Wojtyła era molto categorico, in quanto andava di moda una loro disposizione diversa»: T. Pieronek, Ricezione del Concilio Vaticano II, 63.