“La paura si diffonde come un’epidemia. Invece che essere riconosciuta come una malattia, è giustificata come una forma di realismo”. E anche se “non è giusto colpevolizzare in modo generalizzato categorie o comportamenti, credo sia legittimo affrontare la domanda e chiamare al confronto i seminatori di paura”. Lo ha detto l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, nel suo Discorso alla città e alla diocesi ‘Il coraggio, uno se lo può dare. Per una pratica della fiducia’, pronunciato nella basilica di Sant’Ambrogio alla vigilia della festa del santo patrono della città. “La creazione di un ‘clima’ non è un evento ‘naturale’, piuttosto è frutto di scelte, di consuetudini, forse anche di interessate programmazioni”, ha detto Delpini, sottolineando che “dunque, per contrastare la sfiducia, si possono anche compiere altre scelte, interrompere consuetudini, cambiare le programmazioni”. L’appello dell’arcivescovo è rivolto soprattutto “a coloro che operano nel campo della comunicazione”, perché “per farsi un’idea di che cosa stia succedendo nel mondo, ma anche in città, sono decisive le notizie che i media scelgono e diffondono. Se i media, di tutto quello che succede, comunicano preferibilmente le notizie di episodi tragici, di comportamenti pericolosi, di problematiche spaventose, di prospettive preoccupanti, è comprensibile che l’immagine della realtà che si condivide, l’atteggiamento personale e il clima che si respira siano malati di paura”.
Pace e sviluppo
“Noi vorremmo essere cittadini di una Europa protagonista nell’opera di pace e di sviluppo dei popoli. Perciò sentiamo il dovere di vivere anche l’appuntamento elettorale della prossima primavera con responsabile partecipazione”, ha continuato l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini. “Coloro che hanno responsabilità – ha proseguito – sono chiamati ad affrontare con fiducia il fattore migrazioni per elaborare pensieri e non solo emozioni e paure, per propiziare l’incontro tra persone che, conoscendosi, possano stimarsi e aiutarsi, mentre temendosi possono soltanto evitarsi e respingersi”. “Le migrazioni sono interpretate come un inarrestabile fenomeno globale. Luoghi comuni e sentimenti diffusi, informazioni parziali e ideologie tendono a ridurre i migranti ai profughi, folla indistinta di poveracci che sono da temere come invasori o da accogliere come miserabili bisognosi di tutto. In realtà, si tratta di un fenomeno complesso studiato e analizzato in molti modi”, ha spiegato Delpini, sottolineando che “la difficoltà che l’Europa sperimenta nell’affrontare il tema è un segno preoccupante. L’Europa potrebbe avere la fierezza e la genialità di una via più sapiente e lungimirante. Le nazioni d’Europa hanno risorse e competenze per incisive opere di pace, per promuovere sviluppo umano e alleanze internazionali, per contribuire a rendere possibile il diritto di restare e il diritto di partire e contrastare quel migrare disperato che espone a inimmaginabili sofferenze”.
la RADICE della CRISI DEMOGRAFICA è la PAURA
“La crisi demografica che fa invecchiare e forse contribuirà al declino, se non alla scomparsa, della nostra civiltà, ha una delle sue radici nella paura”, ha continuato Delpini. “La cautela irrazionale alimentata dalla paura è uno dei fattori che dissuade dal costruire rapporti affettivi stabili, legami matrimoniali in cui è desiderata l’indissolubilità, famiglie che vivano con naturalezza il succedersi delle generazioni”, ha detto Delpini, avvertendo però che “la paura di sposarsi e di fare famiglia è un principio di tristezza e di solitudine che contribuisce a rendere desolata la vita della società e genera un circolo vizioso che rende ancora più radicata la paura. Il virus della paura scoraggia il sogno condiviso, induce a rimandare la decisione di avere bambini fino a che non ci siano tutte le garanzie che promettono di esorcizzare la paura, quindi le condizioni di lavoro, casa, salute, reddito”. L’arcivescovo nel suo discorso ha esortato le persone “che hanno ruoli di responsabilità” a “motivare ad affrontare insieme la questione, a investire con coraggio su una politica della casa, della maternità, della scuola. Perché ci sia una mentalità aperta alla generazione e desiderosa di futuro, quindi di figli e figlie, non basta creare condizioni favorevoli, ma è necessaria una vera ‘rivoluzione culturale’. D’altra parte – ha osservato Delpini – la responsabilità degli amministratori è creare le condizioni favorevoli, nella speranza che una rivoluzione culturale salvi la nostra società dal declino, che ora appare inevitabile. Noi abbiamo fiducia che si possano aprire nuove stagioni per questa vecchia, saggia, ricca, sterile Europa”.