Poiché poche epoche richiedono tanto quanto la nostra che ci facciamo pari al meglio e al peggio, vorrei, appunto, non eludere nulla e mantenere esatta una doppia memoria. Sì, c’è la bellezza e ci sono gli umiliati. Qualunque siano le difficoltà dell’azienda, vorrei non essere mai infedele né all’una né all’altra. Nel 1952, Albert Camus canta così il ricordo del suo Ritorno a Tipasa nel piccolo opus intitolato L’Été (1). Offerto dal Presidente della Repubblica al Papa lo scorso 23 settembre, questo testo risuona singolarmente oggi. Perché, dagli Incontri mediterranei, la tempesta del Vicino-Oriente è venuta a gettare un freddo invernale. Sottolineare la brutalità di questo cambiamento di temperatura sarebbe, tuttavia, dimenticare che il Papa era venuto proprio a Marsiglia per lanciare un grido a favore degli umiliati del nostro tempo. Durante tutto il suo pontificato, Papa Francesco non ha smesso di venire a “porsi sulle linee di frattura”, secondo la bella espressione di monsignor Pierre Claverie, ex vescovo di Orano assassinato nel 1996.
Un’immagine sconvolgente
Seguendo Cristo, il Papa si era così recato in Terra Santa nel maggio 2014. Ricco di simboli, questo viaggio doveva essere la cornice di gesti forti. Così della pausa pregante davanti al muro di separazione eretto da Israele: perché il papa metteva il dito sulle umiliazioni subite dagli esseri umani e, colpendo con la fronte il muro di cemento, riproduceva la consueta gestualità di preghiera degli ebrei davanti al muro del Pianto. Ora, davanti a quest’altro muro, il Papa mandava al mondo l’immagine sconvolgente del suo abbraccio con un rabbino e un imam, segno di un’amicizia all’altezza dell’uomo e di un impegno storico. L’impegno della Chiesa a favore del dialogo interreligioso è stato definito durante il Concilio Vaticano II. Rimane anche profondamente segnato dalle iniziative di Papa Giovanni Paolo II tra cui quella di avere come ospite, nell’ottobre 1986, i rappresentanti di tutto il mondo a una giornata di preghiera, di marcia e di digiuno per la pace nella città di san Francesco. Da allora, lo spirito di Assisi ha sostenuto molti attori del dialogo.
L’esempio di Jean-Marc Aveline
A Marsiglia, ad esempio, ispirò la creazione dell’istanza municipale Marseille Espérance i cui membri circondavano il papa sulla spianata di Notre-Dame-de-la-Garde. Assise ispirò anche la creazione dell’Istituto di scienze e teologia delle religioni (ISTR), affidato al giovane teologo Jean-Marc Aveline, oggi cardinale-arcivescovo e che non ha smesso di promuovere una cultura dell’incontro su scala mediterranea. Nel 2005 quest’ultimo ha lanciato il programma “Moosaicos” per riunire giovani, studenti e professionisti.
Così nel 2008 dello straordinario incontro tra l’israeliano Amir, il palestinese Maher e il libanese Jihad. Contro l’esplosione della violenza in Medio Oriente, la celebrazione dell’amicizia rimane l’arma più efficace. Anche lo scorso settembre, gli Incontri mediterranei hanno riunito giovani oltre i confini per condividere i loro sogni e creare la bellezza di questo momento, quello dell’amicizia.
Un gesto per la pace
Ritizione di un gesto mediterraneo e cattolico a favore della pace, gli Incontri mediterranei riprendevano quindi i fili del paziente lavoro di tessitura culturale: quello passato da Bari nel 2020 e Firenze nel 2022, il filo più antico degli Ateliers mediterranei lanciati dal presidente Jacques Chirac, e il filo, ancora più lungo, degli incontri organizzati a Firenze negli anni ’50. Nel contesto della decolonizzazione, si trattava allora di difendere un umanesimo mediterraneo di cui una delle fonti si trovava a Marsiglia.
Città letteraria sul retro della sua attività portuale, la Cité phocéenne ospitava allora i Cahiers du Sud che incrociavano gli impegni di un Louis Massignon e di un Albert Camus contro i nazionalismi mortali di “ Mare Nostrum”. Appello del Sud, i Cahiers ricevevano anche le deambulazioni del filosofo ebreo-tedesco Walter Benjamin che, di passaggio nel 1926, si spaventava delle sfigurazioni moderne subite dal centro città (2). Ora, in Beniamino, alla memoria della bellezza risponde quella dei vinti la cui lotta rimane portatrice di una “promessa di redenzione” (3).
Vittime, vinti
Vittime, le popolazioni del Vicino Oriente sono anche sconfitti: paura, violenza, guerra. Le passeggiate marsigliesi di Walter Benjamin non sono quindi senza anticipare, al di là delle appartenenze religiose e comunitarie, quelle di padre Manuel Musallam, l’ex “prete di Gaza” (4), che era venuto a Marsiglia nel giugno 2010 per difendere il suo “piano di speranza” davanti a “l’impossibile da sconfiggere”: una speranza messa nell’educazione e nella forza morale; una speranza di mettere la forza militare al servizio della pace; una speranza di un’uguaglianza fondata sulle sole armi della riconciliazione, della giustizia e del perdono (5). Ricordare questa testimonianza di un possibile futuro può sembrare vano oggi. Ma poiché è portato dagli umiliati del nostro tempo, ricordarlo rimane necessario se vogliamo rimanere fedeli anche alla bellezza, “qualunque siano le difficoltà”.
Rémi Caucanas, Storico, ricercatore associato al PISAI per La Croix
(1) Albert Camus, “L’Été”, in Oeuvres complètes III, Bibliothèque de la Pléiade, Gallimard, Parigi, 2008, p. 614.
(2) In questo episodio, vedi Christine BRETON e Sylvain MAESTRAGGI, Ma di cosa hanno così paura? Walter Benjamin, Ernst Bloch e Siegfried Krakauer a Marsiglia l’8 settembre 1926, Marsiglia, Edizioni comuni, 2016, 253 p. Lì è tradotto e riprodotto l’articolo di Walter Benjamin dedicato ai Cahiers du Sud e apparso nel 1927 in Die Literarische Welt.
(3) “La memoria dei vinti. intervista a Enzo Traverso”, Vacarme, 2002/4 (n. 21), p. 4-12. DOI: 10.3917/vaca.021.0004. URL: https://www.cairn.info/revue-vacarme-2002-4-page-4.htm
(4) Secondo il titolo del suo libro-intervista con Jean-Claude Petit: Curé à Gaza: Un Juste en Palestine, L’Aube, Parigi, 2010.
(5) Parroco a Gaza – Manuel Musallam a Marsiglia, sul sito web dei cristiani del Mediterraneo