Come ogni martedì torna la rubrica dedicata alla figura di Tommaso da Olera, il frate cappuccino vissuto a cavallo tra Cinque e Seicento e proclamato beato nel 2013. Il testo è tratto da “Tommaso da Olera, un anno con un mistico del Cuore di Gesù” di Sergio Calzone. Le riflessioni di oggi.
Erode e un monito ai potenti
«Essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: Alzati, prendi con te il Bambino e sua Madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode vuole cercare il Bambino per ucciderlo. Egli si alzò, nella notte, prese il Bambino e sua Madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Dall’Egitto ho richiamato mio Figlio». (Mt 2,13-15) Questo lo scarno racconto del Vangelo secondo Matteo. Com’è noto, è l’unico dei quattro vangeli canonici a riferire dell’infanzia di Gesù, distaccandosi in qualche modo dagli altri due sinottici.
Selva di contemplazione
Da questo abbozzo, l’anima infiammata di Fra Tommaso ricava materiale per ben sei pagine della sua Selva di contemplazione. Poiché i Vangeli apocrifi si diffondono invece molto di più sull’argomento, si sarebbe spinti a pensare, con un impulso che è tuttavia opportuno frenare, conosciuti i limiti a cui le letture dei cappuccini erano sottoposte, che Tommaso abbia avuto presente più questi, che Matteo, quando realizza la sua lunga dissertazione narrativa. Ciò è tuttavia poco probabile: è assai più semplice immaginare che si sia appoggiato alla tradizione popolare, rafforzata, certo dalle scarne notizie dell’evangelista Matteo e vivificata dalla accesa fantasia del nostro cappuccino. Fantasia che si basa su due elementi di estrema solidità, tuttavia: da una parte, la tenerezza più dolce nei confronti della Sacra Famiglia (come vedremo in altro luogo); dall’altra, una preoccupazione di verosimiglianza che lo spinge a entrare in dettagli di, diciamo, «economia domestica», spiegando mezzi e modi di sostentamento di questa cellula santa di cristianità in una terra, l’Egitto, che, per paradosso, si mostra meno ostile, pur essendo abitata da «genti barbare e idolatre» (Selva, 175), di quanto non si fosse mostrata la Giudea.
Il rimprovero ad Alessandria
Ma la questione è più intricata di quanto il semplice accoglimento di una tradizione popolare potrebbe indicare. Fra Tommaso, infatti, quando passa a rimproverare Alessandria per non aver saputo riconoscere in Gesù il Figlio di Dio e diventare, così, una «provincia de Egitto felice» (Selva, 179), sostiene che Cristo «volse essere chiamato d’Egitto: de Egypto vocavi filium meum [dall’Egitto ho chiamato mio figlio]» e, particolare interessante, cita una doppia fonte: Mt 2,15 e Os 11,1. La prima è quella che abbiamo riportato in apertura, ma la seconda, Os, essendo il profeta minore Osea, è proprio quella voce di Dio che Matteo cita a sua volta per spiegare come la fuga in Egitto non sia altro che il compimento della Scrittura. Il tutto nasce, in realtà, da un equivoco: Osea, con l’espressione «figlio mio» intende il popolo d’Israele, e non Gesù! Fra Tommaso si è così calato nell’identificazione, raccogliendo, del resto, molte delle tradizioni discese dai Vangeli apocrifi, da attribuire a questa fuga caratteristiche molto simili a quelle degli ebrei inseguiti da Faraone. La più eclatante è il passaggio del mar Rosso.
Il Mar rosso
Stava la gran Madre de Dio alla riva del Mar Rosso per passarsene in Egitto; e sì Iddio fece aprire quel mare per il popolo d’Israele, facendolo passare a piedi sutti, quanto maggiormente lo averà fatto alla sua cara Madre e a se stesso. O che passasse a piedi sutti, o che caminasse sopra l’acqua, o che dalli angeli fussero transportati, come non si fa da dubitare che una di queste avenisse a quel Dio che aveva creato tutte le cose, e tutte obedivano a Dio suo fattore. (Selva, 177) È ben conscio Fra Tommaso di narrare una sorta di Esodo a ritroso. Non a caso, racconta come gli angeli indicassero a Maria i luoghi ricorrenti (ah, la solita ridondanza!) di quel lungo viaggio.
Era accompagnato Iddio dalli esserciti d’angeli, e piamente voglio credere che, mentre Maria passava per quelli deserti ove era passato il popolo de Dio quando furno liberati da l’Egitto, quegli paraninfi celesti, parlando con la sua regina Madre del suo Dio, dicessero: «O nostra Signora, qui in questo luoco il vostro figlio fece piover la manna sopra il suo popolo, e in questo altro luoco gli provide di coturnice, essendogli venuto in fastidio la manna. In quest’altro luoco fecero loro il vitello di oro, adorandolo per loro Iddio, che li avesse liberati dall’Egitto. In quest’altro luogo Moisè uccise tante migliara». E andavano li angeli mostrando il luoco per luoco de diverse miraviglie che il suo figlio aveva operato per quel popolo ingrato. A questo modo arrivò la cara Madre al Mar Rosso, ove era passato il popolo quando fu liberato da l’Egitto e della servitù di Faraone. E parmi veder in spirito che li angeli dicessero alla Madre de Dio: «Questo è il luoco ove arrivò il popolo e il crudel Faraone con il suo essercito, che fu insieme con lui sommerso. (Selva, 176-177)
La suggestione
È indubbio che la suggestione di Es 1,15-22 e 2,1-3, con la strage dei primogeniti ebrei da parte degli Egiziani (e con la salvezza di Mosè), e persino della partenza di Mosè dal paese di Madian [«Mosè prese la moglie e i figli, li fece salire sull’asino e tornò nella terra d’Egitto» (Es 4,20)] deve aver agito in qualche modo su questo strano cortocircuito espressivo, ma è davvero difficile ignorare la coincidenza.
Oh quante volte venivano leoni, tigre e altre bestie feroce e, mutando natura, divenivano mansuete, se umiliavano al loro Iddio e, al meglio che potevano, lo onoravano. Li uccellini per l’aria a schiere volavano atorno il caro figlio e con li canti laudavano il loro fattore. Oh quante volte li più vaghi uccelli volavano atorno il loro Signore e gli volavano nelle mane, ove il caro putino li rimirava. (Selva, 176)
Con dettagli molto simili presenti nei Vangeli apocrifi. Vangeli il cui contenuto sarebbe comunque da mettere, come già detto, in relazione con la tradizione popolare che da essi ha preso le mosse. Ma non soltanto: Joseph Ratzinger, in L’infanzia di Gesù, ricorda come Matteo più volte scriva «Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore» e che soltanto lei avrebbe potuto rivelargli «l’evento dell’Annunciazione», per cui molti particolari «non potevano diventare tradizione pubblica» se non dopo la morte di Maria. Ivi, forse, compresa questa fuga in Egitto di cui evidentemente Matteo fu informato dalla stessa Madonna ma per sommi capi, data «la discrezione» di Maria, mentre, dopo la morte di lei, molti fatti vennero alla luce, siano essi riferiti con precisione o meno dagli apocrifi.