La natività
Fissati, quindi, luogo e tempo, Fra Tommaso trova accenti di autentica poesia per descrivere il momento fondamentale della nascita. “E mentre che così se ne stava, partorì il suo caro putino, non in morbido letto, ma su la nuda terra. Contempla, o anima divota: vedi Maria tutta in estasi, vedi in spirito il tuo Gesù sulla nuda terra, vedi come muove quelle manine e piedi, come piange: e forsi che alcuna di quelle paglie overo fusti gli pungesse quelle tenere carne, che scaturivano gioce di sangue da quella beata umanità. Rivolgeva li teneri occhi questo santo mammolino verso la sua diletta Madre e con sguardi e pianti la incitava a prenderlo nella braccia. Non vedi, non contempli, o anima divota? Se ne stava il povero Gesù in su la nuda terra, e mentre cosi stava, vedi li angeli del cielo che intrano in quel santo luogo a schiere, adorano il loro Iddio, amirandosi della gran carità e umiltà del figliol de Dio e intonando Gloria in exeelsis Deo [Gloria a Dio nel più alto dei cieli (Lc 2,14)].
Il pianto del fanciullo
E il pianto del nato fanciullo destò la gran regina dal soave sonno; e vedendosi adornata e adorata da angeli in mezo de tanti canti e splendori, benché di meza notte, gli pareva esser tra tanti soli. Viste poi appresso di sé quel caro mammolino Gesù, il quale aveva impartorito in una stalla, luoco tanto povero ove non si vedeva altro che sterco d’animali e telle di ragni, ove tirava vento in tempo fredo. E stava, o anima mia, il tuo Dio nudo, piangendo, e tu non piangi? Piangeva la gran Madre vedendo appresso di sé quella gloria celeste. Contempla, o anima divota, l’atto che fece la Beata Vergine vedendo quel caro Gesù portato nel suo ventre per 9 mesi: vedi quegli sguardi che dava al suo figlio, li sguardi che dava il figlio alla Madre, che ferivano il cuore di Maria: ove genuflessa a’ piedi del caro figlio, adorò, bassiandogli quegli santi piedi. A chi non creparà il cuore di tenerezza e compassione? Piangeva il caro putino perché pativa freddo e incommodo, perché il suo letto era la terra; piangeva la divota Madre in veder il suo figlio Iddio in tanta povertà e umiltà. La riverenza che aveva verso suo figliolo non comportava che ella lo pigliasse nella bracia e l’amor materno la spingeva per involtarlo in poveri panniceIli; ove stando con questi alti e profondi pensieri, da l’amor materno vinta, gemendo e lacrimando prese quel tesoro del cielo nelle sue care mane. (Selva, 151-152)
Prodigio e natura
Altissimo momento di scrittura, in cui spariscono il travaglio, il dolore, il sangue del parto, e tutto appare invece circonfuso di una chiave necessaria, anzi, miracoloso e naturale insieme, poiché l’Incarnazione è questo: prodigio e natura confluiti in un essere che è insieme Dio e uomo, e come uomo piange, quando è neonato, e soffrirà in modo inaudito sulla croce, ma come Dio nasce senza dolore e risorgerà dopo la morte. La poesia ispirata del brano continua con la preoccupazione di una madre per il suo piccolo, ritratto umano di toccante sollecitudine. “E mentre questa giovenetta aveva il suo caro putino nelle braccia, lo stringe al petto, lo accarezza, lo bascia; e sentata questa santa purità non in sedia regale, non in camera regia, ma in povera stalla sulla nuda terra, si accomodò nel seno il suo Iddio e figlio. E volendo infasciare quel santo corpicello, aveva fredo la Madre, tremava il figlio e non ci era fuoco da riscaldar li poveri pannicelli; ma la santa Vergine come prudente, mettendosili entro al suo senno, li rascaldò alquanto, e, da lì levandosi, rivoltò dentro quello che non capirno li cieli. (Selva, 152).
La giovinetta
Qui si noti come Fra Tommaso molto opportunamente utilizzi questo termine, «giovenetta»: Maria è poco più che un’adolescente e, se può essere vista come «gran regina», come «gran Signora», è pur sempre la «tenera verginella» dell’Annunciazione, l’inesperta sposa di Giuseppe, che, tuttavia, di fronte al ruolo altissimo assegnatole da Dio, non soltanto sa adempiere a doveri che travalicano la natura umana, ma è capace, come per istinto e per amore, di accudire a un neonato, specie sapendo che egli è anche il suo stesso Dio.
La preoccupazione per il freddo
Molto umana è la sua preoccupazione per il freddo che circonda quel luogo poverissimo e per l’incolumità di Colui che, comunque, (ella lo sa benissimo) tuttavia mai avrebbe potuto morire bambino, poiché è venuto per una morte ben più atroce. Tuttavia è madre: come potrebbe non cercare di proteggerlo? La Madre tiene il fanciullo per un pezzo nelle braccia e volendolo mettere a riposare rimira all’intorno, vedendo da tutte le parte povertà: ci era il presepio dove mangiavano li animali, e così il vechierello Santo Gioseffo, riducendo insieme alquanto di feno, pose il suo mantello e sopra quello il divino corpo. O Dio, o Dio, creatore di cieli e della terra, ora non ha dove riposasse il suo capo! E avendolo la santa Vergine riposto nel presepio, gli stava sopra riscaldandolo al meglio che poteva, ramaricandosi di tanta povertà. (Selva, 153)