Il Cammino di Santiago di Compostela è una delle vie di peregrinazione più importanti della storia, tanto che la città è considerata la terza città santa per la cristianità dopo Gerusalemme (da cui tutto partì) e Roma. Divenne così importante nel Medioevo, con un massimo splendore tra i sec. XI°-XIII°, che il termine pellegrino (come cita Dante Alighieri nella ‘Vita Nova’) divenne sinonimo del viandante che si dirigeva a Santiago. Come è scritto nella ‘Legenda Aurea’ del Cammino di Santiago de Compostela, dopo l’ascesa di Gesù al cielo, san Giacomo il Maggiore inizia la sua opera di evangelizzazione della Spagna fino nelle regione della Galizia. Rientrato in Palestina fu decapitato intorno all’anno 44 d.C. Il pellegrinaggio è nato dopo il ritrovamento delle spoglie dell’apostolo, sepolto nella regione della Galizia.
L’intervista
Tra i moltissimi pellegrini quest’anno il Cammino di Santiago de Compostela è stato compiuto anche dalla famiglia Della Ceca, composta da cinque persone, di Tolentino, nelle Marche, a cui abbiamo chiesto una loro presentazione: “Siamo una famiglia di Tolentino, della Diocesi di Macerata. Io mi chiamo Stefano e con Beatrice ci siamo sposati nel 2004. Sono nati 3 figli e tante cose sono successe in questi quasi 20 anni di matrimonio. Quest’anno abbiamo deciso e sentito che era ormai possibile il Cammino di Santiago. Lo abbiamo proposto anche a Sara e Irene che hanno ormai 17 e 15 anni ed erano entusiaste e curiose all’idea di farlo. Lorenzo con i suoi 9 anni non sapeva bene cosa lo aspettasse e in realtà neanche noi. Pensando a lui eravamo preoccupati e quindi abbiamo deciso di non fare tutto il Cammino francese ma di partire da O Cebreiro. In realtà siamo partiti un po’ prima da dove il pullman ci ha lasciati, a Pedrafita, 5 pellegrini con 5 zaini e bastoni! Ci aspettavano circa 170 km in 9 giorni di cammino”.
Come vi siete preparati sia fisicamente che spiritualmente?
“In realtà il cammino è iniziato prima chiedendo a don Giacomo, il parroco della chiesa di san Giacomo della nostra città, la ‘benedizione dei pellegrini’ diretti a Santiago di Compostela (Santiago è il nome spagnolo di san Giacomo maggiore, figlio di Zebedeo, fratello di Giovanni!). Poi le letture di varie guide e della famosa ‘Guida del pellegrino di Santiago’ tratta dal Codex Calixtinus del XII secolo. Inoltre mesi prima abbiamo richiesto le ‘credenziali’ alla confraternita di san Jacopo di Compostela di Perugia, un pieghevole utile da timbrare di giorno in giorno nei luoghi di passaggio, dal punto di partenza all’arrivo. Lo strumento della Credenziale serve per prendere al termine la ‘Compostela’, il documento che attesta l’avvenuto pellegrinaggio alla tomba del Santo. Devo dire che per i nostri figli è stato anche un incentivo a camminare, di giorno in giorno, per cercare i luoghi dove ricevere il timbro! Nei momenti di maggior stanchezza anche questo è stato utile per proseguire il cammino!”
Perché, come famiglia, avete deciso di compiere il pellegrinaggio?
“Intanto ci muoveva il desiderio di condividere insieme il piacere delle vacanze estive, un tempo libero dal lavoro e dalla scuola. Non è un grande motivo ma devo riconoscere che c’è stato. Poi, sicuramente, onorare san Giacomo, apostolo e martire e pregare alla sua tomba affinché la nostra famiglia cresca e, per sua intercessione, sia sempre più degna delle promesse di Cristo! Ad O Cebreiro abbiamo anche contemplato, in una bellissima chiesa romanica, la memoria di un antico miracolo eucaristico. E’ stato un monito per centrare tutto il cammino su Gesù e sulla Sua presenza! Presenza che è passata attraverso la Parola di Dio, la preghiera dei salmi, e la Comunione eucaristica, la ‘messa del pellegrino’, la sera alle ore 19 od alle ore 20, quando è stato possibile e quando era presente una chiesa nella città dove ci si fermava per la notte”.
Cosa significa compiere il pellegrinaggio a Santiago de Compostela?
“L’abito del pellegrino è stata l’altra molla che ci ha mosso. Il pellegrino che vive dell’essenziale, che sente il peso dello zaino e quindi cerca la leggerezza, togliendo invece di comprare, che scopre anche la solidarietà di altri pellegrini, che nella fatica e nell’indigenza fa penitenza per i propri vizi, che ha una meta e non cammina solo per ammirare il panorama o fare a gara per arrivare prima di altri, tutto questo è per noi un grande insegnamento e, come genitori, vorremmo tanto che lo fosse anche per i nostri figli. Arrivati a Santiago abbiamo partecipato alla messa per gli italiani, presieduta da don Fabio Pallotta, sacerdote della congregazione ‘Servi della Carità’, fondata da san Luigi Guanella, nella chiesa di Santa Maria del Cammino. E’ stata provvidenziale per dare alla meta il giusto senso. Nella sua omelia un passaggio fondamentale è stato: ‘Deve essere chiaro che vado alla tomba di San Giacomo per sapere per Chi vivo, e non per che cosa vivo, e vado fino a Finisterre per sapere per Chi muoio!’; in sintesi è il pellegrinaggio della vita di ognuno di noi alla tomba della Risurrezione!”
Quale è stata la tappa che vi ha ‘coinvolto’ di più?
“Abbiamo poi proseguito la strada (con un’auto in affitto!) verso Finisterre dove, sulla spiaggia, abbiamo raccolto, facendo un po’ di ricerca perché in realtà non se ne trovano molte di quel tipo, la classica conchiglia che diventava la testimonianza dell’avvenuto cammino a Santiago. Pensare che su quelle spiagge 2000 anni fa fosse giunta la barca che portava san Giacomo, uno dei 12 apostoli, e che da li fosse iniziata l’evangelizzazione della Spagna, dava ancora più valore e significato ai nostri passi appena compiuti alla tomba del Santo”.
“Dopo più di un mese dal pellegrinaggio ancora con Beatrice sentiamo la positività di aver fatto questa scelta tutti insieme. Come famiglia è stato un momento che può aver segnato in positivo la nostra crescita cristiana e umana. Le reazioni positive dei nostri figli, per le novità, le sorprese e i continui cambiamenti di giorno in giorno, hanno tolto i nostri timori di aver voluto ‘fare troppo’ oppure di ‘aver esagerato’, certo è che di passi in quei giorni ne abbiamo fatti tanti. Dalla mia app del cellulare, in due settimane, leggo che ne ho fatti 350.000. Lorenzo sicuramente ne ha fatti anche più di me! Ma molti ancora ne dovremo fare nella nostra vita familiare e speriamo, affidandoci e con l’aiuto di Dio, di continuare a farli insieme lungo la Sua via!”. (ACI Stampa).