“È imperativo che avvenga una rivalutazione delle attuali priorità, con investimenti diretti verso un paradigma di pace e sicurezza definito dalla fraternità, anziché dalla deterrenza e dall’escalation militare”. È l’appello di monsignor Gabriele Caccia, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, durante il terzo incontro degli Stati parti del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari che si è svolto ieri 4 marzo, a New York. Nel suo intervento l’arcivescovo ha espresso la preoccupazione della Santa Sede per il “ritorno della retorica basata sulla deterrenza” che ha “riacceso il pericoloso spettro delle minacce nucleari” e ha sottolineato la responsabilità della comunità internazionale nel garantire un futuro sicuro per le nuove generazioni.
Gli effetti ancora sentiti oggi delle armi di distruzione di massa
Il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW), entrato in vigore il 22 gennaio 2021, è il primo strumento legalmente vincolante per vietare completamente le armi nucleari. Ad oggi è ratificato da 73 stati, tra cui la Santa Sede. Ricordando l’80° anniversario, quest’anno, del bombardamento atomico sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki, il 6 e 9 agosto 1945, monsignor Caccia ha ribadito l’estrema importanza di riconoscere oggi “la sofferenza senza pari causata da queste armi di distruzione di massa”. Questi strumenti militari hanno lasciato “effetti negativi profondi e duraturi” e hanno “irrevocabilmente alterato” le comunità colpite, anche attraverso le generazioni. Le armi nucleari hanno provocato un danno “non solo in termini di perdita immediata di vite, ma anche per le conseguenze psicologiche, culturali e ambientali a lungo termine”, ha sottolineato l’osservatore permanente.
Ed ha definito “profondamente sconcertante” l’aumento dei conflitti e delle divisioni in tutto il mondo, come pure il “crescente senso di sfiducia e paura” che sta provocando “un effetto dannoso sulle relazioni internazionali, con il risultato che l’architettura del disarmo viene gravemente minata, mentre le spese militari stanno aumentando in modo drammatico”.
Un cambio di priorità preoccupante
Invece di usare fondi per “affrontare le sfide globali urgenti, tra cui la povertà e la fame”, troppi Stati stanno sempre di più “reindirizzando risorse preziose verso l’accumulo di armamenti”, ha rimarcato il delegato vaticano. E a nome della Santa Sede ha espresso preoccupazione per questo “cambiamento di priorità”. L’appello è quindi a reindirizzare gli investimenti verso la “sicurezza”, lo “sviluppo umano integrale”, la “pace”. Nel mondo contemporaneo, in cui le armi di distruzione sono sempre più potenti, “è venuto il tempo di dire seriamente ‘no’ alla guerra, di affermare che non sono le guerre giuste, ma solo la pace è giusta: una pace stabile e duratura, non costruita sull’equilibrio pericolante della deterrenza, ma sulla fraternità che ci accomuna”, ha detto monsignor Caccia. “È responsabilità collettiva della comunità internazionale garantire che le atrocità del passato non si ripetano e che le future generazioni siano protette dalle catastrofiche conseguenze della guerra nucleare”.
Il trattato è un passo importante
Per la Santa Sede, nonostante le “numerose sfide e tendenze preoccupanti”, il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari è un “faro di speranza e progresso” che “colma una lacuna critica nell’architettura globale del disarmo”, ha aggiunto l’arcivescovo, invitando ad “operare in sinergia per stabilire un ambiente globale più sicuro”. Qualsiasi verifica per “garantire l’eliminazione irreversibile delle armi nucleari” deve basarsi infatti su “garanzie consolidate”. Da qui l’apprezzamento per i “progressi scientifici” per comprendere meglio gli effetti delle armi nucleari sulla “salute umana, sull’ambiente e sulle future generazioni”.
L’osservatore permanente ha concluso ricordando le parole del Papa nel messaggio per la 53° Giornata Mondiale della Pace dell’1 gennaio 2020, in cui il Pontefice riportava la testimonianza degli Hibakusha, i sopravvissuti a Nagasaki e Hiroshima.
“La coscienza umana diventi sempre più forte di fronte ad ogni volontà di dominio e di distruzione. Non possiamo permettere che le attuali e le nuove generazioni perdano la memoria di quanto accaduto, quella memoria che è garanzia e stimolo per costruire un futuro più giusto e fraterno”.
Testo: Vatican News