Il Vangelo di domenica 9 ottobre, 28a del Tempo Ordinario C:
Dal Vangelo secondo Luca
Camminando verso Gerusalemme, Gesù attraversò la Samarìa e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». Mentre andavano, furono purificati. Uno, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».
Parola del Signore
Il commento al Vangelo
“Quando qualcuno è sgarbato con te o ti tratta male, non prendertela sul personale. Non sta dicendo nulla su di te, ma molto su di lui”. Così insegnava il saggio Totò. La lebbra provoca logoramento di se stessi, fuga dalla realtà, distanza degli altri, spegnimento del presente, uccisione del futuro, rimpianto del passato. Sei effetti devastanti che corrodono tutto, piano piano.Noi non abbiamo la lebbra, ma soffriamo degli stessi sintomi.
I sei antidoti
Il Vangelo trova sei antidoti nelle lettere di G.R.A.Z.I.E. È questione non di buone maniere, ma di buona spiritualità. G come GIOISCI del valore di te stesso. Quante volte ci diamo l’opportunità di ringraziare noi stessi? Quanto ci apprezziamo orgogliosi del nostro impegno? R come RENDITI CONTO della preziosità degli altri. Riconoscenza è innanzitutto la capacità di “riconoscere” e imparare a ammettere: “Grazie non solo per ciò che hai fatto ma per avermi fatto sentire che valeva la pena farlo per me”.
A come “accogli”
A come ACCOGLI la ricchezza della realtà. Insoddisfatti di noi stessi, annebbiati dallo scoraggiamento, oscurati dalle crisi, non vediamo più il bene e lo calpestiamo. Z come ZITTISCI il negativo, Dire grazie è un antidoto al lamento, alle pretese, ai rimpianti, al ruminare ossessivo e possessivo, geloso e invidioso, perché un grammo di fatti vale più di quintali di parole. I come IMPARA a segnare il positivo Dovremmo imparare a tenere il diario della gratitudine dove ogni sera segnare una cosa significative. Di sicuro c’è. Va solo un po’ cercata a volte con ostinato ottimismo. È più di un diario della memoria, è un esame di coscienza, evolvendo dai gesti sbagliati (i peccati) ai sorrisi (le grazie). Funziona anche come gioco, il “Graziattolo”: un barattolo dove ognuno può inserire il suo grazie evidenziando il bello di istanti preziosi. Ogni tanto va svuotato, leggendo insieme i foglietti. È simpatico con i bambini, ma può funzionare anche al lavoro.
E come “E quindi?”
E come E QUINDI? 9 sono “purificati”, 1 è “salvato”. C’è chi pensa solo a se stesso, apposto lui apposto tutti: tutto è dovuto. Il dono è solo una risposta a un suo bisogno. Gli altri sono importanti quando servono. Quando stai bene, dici grazie per cortesia e fai i fatti tuoi. C’è chi invece “rende grazie”, rende il grazie una occasione per “tornare indietro” come l’unico su 10 del Vangelo: ripercorre quello che è successo per coscientizzarlo. Rende il dono incisivo e vivo mettendosi in questione e rende il grazie una responsabilità e un investimento su di sé. “Rendere grazie” in greco è “eucaristia”, l’incontro con Cristo.
Gesù non fa gesti magici
Gesù non fa gesti magici, ma dice “andate dai sacerdoti” cioè spinge ad un cammino di interiorità, spiritualità, valorialità perché la presenza di Dio è il contrario delle chiusure lebbrose. Per questo precisa: la “tua” fede ti ha salvato, la “tua” scelta, il rendere grazie per ciò che sei e il tuo agire per ciò che vali. Rendiamo alla vita la grazia e rendiamo la vita un grazie: è cammino risanante che dà un senso riconciliato al passato, porta pace nel presente, apre consapevolezza serena al futuro.