Il Vangelo di domenica 23 ottobre, 30esima del Tempo Ordinario C:
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».
Parola del Signore.
Il commento al Vangelo
Più che sorpassare gli altri, l’importante è superare se stessi. Noi siamo sempre troppo sbilanciati a fare confronti e giudizi, proprio come fa il fariseo nella parabola del Vangelo di oggi. La riprova è che pensiamo subito male anche di lui. Eppure se guardiamo a quello che fa dovremmo arrossire: prega, digiuna, fa la carità. E lo fa con costanza. Noi no. Però la sua preghiera si ferma al soffitto e non arriva a Dio. Qualcosa fa corto circuito. È il suo essere chiuso su di sé e il suo far ruotare tutto attorno al suo “io, io, io”. Il pubblicano invece, dall’ombra della fragilità, balbetta un “tu”. Il contrario di “io, io, io” è “tu, tu, tu”. È il suono del telefono, è la volontà di porsi in ascolto e mettersi in discussione.
Il fariseo crede di essere a posto
Entrambi partono dallo stesso punto: una convinzione errata. Il fariseo crede di essere a posto, il pubblicano di valere poco. Scelgono poi però due modi opposti di affrontare la realtà. Il fariseo punta il dito, il pubblicano tende la mano. Il fariseo vuole primeggiare, il pubblicano vuole migliorare. Il fariseo critica gli altri, il pubblicano esamina se stesso. Il fariseo è bloccato nel presente, il pubblicano cerca il futuro. Formalità contro spontaneità, esteriorità contro interiorità, legalismo contro implicazione, apparenza contro cuore. Ma io come posso fare questo passaggio? Come posso smettere di farmi paranoie per sorpassare gli altri, con mille confronti invidiosi, e imparare a superare me stesso? Mi faccio aiutare dalla canzone “Sei tu” di Fabrizio Moro (premio della critica per il miglior testo a Sanremo 2022).
La canzone di Fabrizio Moro
Potrebbe essere quello che il pubblicano ha detto a Dio. Potrebbe essere la nostra preghiera per liberarci dall’ipocrisia farisaica che ci rende giudici supponenti. Potrebbe essere quello che Dio risponde a noi per aprirci nuove prospettive, se la nostra invocazione buca il soffitto delle nostre gabbie e arriva al cielo. Canta così: “Sei tu che dai origine a quello che penso… Sei tu la distanza compresa fra me e l’Universo… Sei tu il motivo per cui la mia vita è cambiata… Sei tu che hai visto i miei sbagli ma non l’hai giudicata. E sei tu quel confine fra il giorno e la notte dove io mi nascondo con le mie mani rotte che continuo a scagliare su un muro che non cade giù. Sei tu la cosa più bella che ho sempre difeso e hai sconfitto i miei dubbi quando io mi ero arreso. Sei tu la distanza fra un uomo che ha vinto e un uomo sconfitto.
Sei tu
Sei tu che attraversi il mio ossigeno quando mi tocchi. Sei tu il mondo che passa attraverso i miei occhi”. “Sei tu…”. Mi chiedo: io a chi potrei dire tutto questo? Lo potrei dire a Dio? Lo potrei dire a chi ho accanto? E Dio e gli altri lo potrebbero dire di me? Io, io, io… o tu, tu, tu? “Sei tu” che devi decidere dove ti poni. Il Vangelo ci insegna lo sguardo rasserenante e liberante dell’imparare a guardare a noi stessi come ci guarda un Dio. Chi lavora sull’umiltà dell’aprirsi a un tu, torna a casa esaltato. Chi ha la coda di paglia invece vede accendini in mano a tutti. Più che sorpassare gli altri, l’importante è superare se stessi.