La “Lettera dal Convento” di fra’ Gianluigi Pasquale di oggi, venerdì 24 marzo.
La mensa dei poveri
Nel cristianesimo i monaci, i frati e le suore non si sono dedicati soltanto all’«ora, lege et labora», ma anche a sfamare i poveri, sapendo che, come disse Gesù, «li avete sempre con voi» (Mc 14,7), ma pure che un bicchiere d’acqua offerto loro è un gesto come fosse stato fatto a Gesù in persona (Mc 9,41). Anche oggi succede così. Un esempio si trova a Milano, dove vi è la più grande mensa a favore dei poveri in Italia.
Fra’ Cecilio Cortinovis: una minestra calda per tutti
Tutto nacque dall’intuizione di un minuto frate minore Cappuccino, fra’ Cecilio Cortinovis, nato a Nespello (BG) nel 1885 e morto a Bergamo nel 1984, oggi Venerabile (2018). Aveva certamente sentito parlare della figura leggendaria di fra’ Galdino e del miracolo delle noci di cui si narra nel capitolo III de «I promessi sposi», quando Alessandro Manzoni (1785-1873) mette in bocca all’umile questuante queste parole: «Noi siamo come il mare, che riceve acqua da tutte le parti e la torna a distribuire a tutti i fiumi». Frate Cecilio, che non era sacerdote, andava di casa in casa a Milano, dove era stato assegnato, dimorando nel Convento di viale Piave, proprio come faceva fra’ Galdino. Alla fine della seconda guerra mondiale, però, Milano, piuttosto bombardata, si trovava drammaticamente in ginocchio. Centinaia di persone accorrevano alla porta del Convento per mangiare almeno una minestra calda, che fra’ Cecilio preparava loro, pur non essendo cuoco. In una fila interminabile e quotidiana, attendevano spesso sotto la pioggia e al freddo, creando tanto disagio e compassione. Fra’ Cecilio pensò, allora, da attuare quanto fanno tutti i santi in queste circostanze e si piantò davanti al Tabernacolo, sussurrando a Gesù questa pressante richiesta: «Signore, quando hai moltiplicato il pane per cinquemila persone, le hai fatte sedere a gruppi sul prato verde, segno che non pioveva. Guarda qui invece come si bagnano questi tuoi poveri!». La risposta giunse prontamente dopo nove mesi, quasi una gravidanza, da un insigne benefattore che si sentì ispirato a costruire nell’orto nel Convento il primo ambiente dell’attuale «Opera San Francesco», inaugurata il 20 Dicembre 1959 dal cardinale Giovanni Battista Montini, il futuro san Paolo VI (1897-1978).
Molti anni dopo: l’«Opera» san Francesco
Fra Cecilio, sentendo l’“odore di pecore” aveva visto lontano, dipingendo anzitempo una tessera della “Chiesa in uscita”. Come? Saldando tra loro due profonde verità evangeliche. La prima assicura che il cristianesimo diventa credibile attraverso la carità (Mt 25,45) e, proprio così, si testimonia Gesù Cristo salvatore del mondo (Gv 13,35). La seconda dà la certezza che la carta di identità del Dio cristiano e dei cristiani è la misericordia, per cui la generosità di un uomo, anche se fosse un peccatore incallito, «copre una moltitudine di peccati» (1Pt 4,8), suoi e degli altri. Da quel 1959 in Italia e, soprattutto, nelle regioni del Nord sono giunti parecchi immigrati che non ci aspettavamo, «fratelli tutti», molti dei quali poveri e affamati. Per questo la mensa di fra’ Cecilio si è ingrandita diventando la mensa in Corso Concordia e gemmandone un’altra a Piazzale Velasquez, entrambe annesse ai due adiacenti Conventi dei Cappuccini in Milano. Con una media di 1672 pasti (pranzo e cena) al giorno e l’aiuto di 309 volontari, la prima, e di 418 pasti (pranzo) al giorno e l’aiuto di 153 volontari, la seconda, assieme al servizio ambulatori e docce, al dispensario di vestiti e medicinali gratuiti, l’Opera San Francesco è diventata una scheggia autentica di Vangelo che brilla anche in questo secolo XXI.
A mensa tutti si è uguali
La mensa dei poveri e la carità dei frati si capiscono se si guarda all’etimologia di una parola. In latino «mensa» indica il concetto di tavola rotonda, per il quale tutti i membri sono uguali tra loro. Non è, quindi, una funzione istituzionale, perché anche i frati stessi si siedono a mensa con i poveri, li servono assieme ai volontari e mangiano lo stesso cibo. In questo modo poveri e frati ricordano a chiunque quella frase che si legge sulla tomba di fra’ Cecilio, entrando nella Chiesa dei Cappuccini di viale Piave a Milano, proprio a destra: «sai che il Signore ti vuole bene?».