Estratto dell’articolo di Laura D’Incalci per Sussidiario.net
Introduzione a don Giussani, l’ultimo libro di Massimo Camisasca inserisce il lettore nel vivo di una dinamica esistenziale che coinvolge, sorprende, convince, accompagnando a scoprire i tratti essenziali del fondatore di Comunione e Liberazione.
L’autore, fra i primi ad aver seguito la proposta che ha attratto migliaia di giovani di diverse generazioni in un percorso che ha cambiato e reso feconda la vita di molti, mette in luce con linguaggio semplice e accessibile a tutti la novità espressa nel carisma del sacerdote di Desio, la complessità del suo pensiero profondo, acceso dal desiderio vivissimo di bellezza e di verità e continuamente sfidato nell’impatto con le situazioni reali. In quell’anelito struggente alla Bellezza con la B maiuscola, avvertita come nostalgia dell’infinito – così notò il cardinale Ratzinger –, “si affaccia, celato, Cristo: con più emozione, con più realismo che nei trattati teologici o nei libri di pietà”.
La passione per Cristo è il motore di ogni iniziativa suscitata da don Giussani già nei primi anni di insegnamento al “Berchet”: “Avevo chiaro che si trattava, pur nella coscienza dei miei limiti, di rifare l’annuncio del cristianesimo come avvenimento presente, umanamente interessante e conveniente all’uomo che non voglia rinunciare al compimento delle sue attese e all’uso senza riduzioni della ragione. Tutto ciò che conseguì […] dipese unicamente da quella intuizione iniziale”, aveva annotato in uno scritto il sacerdote che era entrato “come un uragano nella nostra vita” (parole di uno studente) abbattendo, fin dalla prima ora di lezione, il muro di cinismo e di sufficienza con il quale la classe aveva manifestato totale disinteresse per la religione.
Partendo da una lettura lucida del momento storico in cui prende avvio il suo impegno, Giussani è convinto della necessità di un rinnovamento nel modo di vivere e annunciare il cristianesimo: ai suoi occhi negli anni Cinquanta e Sessanta la società italiana evidenzia uno scollamento tra la vita quotidiana e la tradizione cattolica, anche se pochi se ne rendono conto e la stessa Chiesa, contando sul notevole numero di iscritti alle associazioni cattoliche e sull’elevata partecipazione alle liturgie domenicali, non coglie la debolezza di un’impostazione moralistica che riduceva la complessità dell’esperienza cristiana all’osservanza di precetti, mentre la cultura laicista prendeva il sopravvento accelerando il processo di secolarizzazione.
Di fatto il sacerdote che, contraddicendo le aspettative dei suoi superiori, decise di anteporre “al paradiso della teologia il purgatorio del lavoro con i ragazzi”, si fece promotore di una proposta senza cedimenti alla mentalità del mondo, restando distante da itinerari intrapresi anche da uomini di Chiesa che tentavano illusorie intese con l’ideologia marxista o borghese.
Tutto il suo tentativo, che iniziava a calamitare i giovani rispondendo alle loro aspirazioni e inquietudini, era imperniato sull’annuncio di Cristo come centro della vita dell’uomo e della storia. E, come il sacerdote suggeriva introducendo una notazione decisiva, “questo lo si vive mettendosi insieme, vivendo una vita di comunità, perché Cristo nella storia prosegue dentro il segno della grande comunità che è la Chiesa”.
Come nota Massimo Camisasca nel libro, che descrive episodi, scorci di vita, dialoghi, molti dei quali ancora vividi nella sua memoria, ma anche attinti dalla corposa raccolta di documenti archiviati, i fondamenti principali dell’opera educativa di don Giussani sono già contenuti nelle pagine dei suoi primi volumetti (nominati dai ragazzi di Gioventù Studentesca, secondo il colore della copertina, libretto rosso, verde, marrone) apparsi dal 1959 al 1964. (…)
La stessa dinamica, che riguarda anche i libri successivi, testimonia “come le sue parole sono la rivelazione – o l’esplicitazione – dell’esperienza, addirittura parte dell’esperienza stessa. La proposta apre un cammino esistenziale alla conoscenza di Cristo che si rivela nella realtà, oltre ogni immagine oleografica o riduzione ultraterrena.
La stessa modalità di incontro e di esperienze vissute dai primi discepoli di Gesù duemila anni fa in Palestina può diventare esperienza nell’oggi di ogni uomo: il cristianesimo non consiste nell’adesione passiva a una tradizione, ma accade come scoperta nel presente di una novità esistenziale dove l’umano e il divino si intrecciano
“Gli uomini, un po’ come gli alberi, nascono da un seme che contiene in estrema sintesi il loro sviluppo futuro” nota Camisasca ricorrendo alla metafora per descrivere la fisionomia, o meglio l’anima di don Giussani, che nelle pagine dense di concetti mai avulsi da circostanze reali e palpitanti di umanità, affiora evidenziando via via nuove intuizioni, richiami e prospettive, sempre radicati nel fulcro dell’evento che è all’origine del suo essere e della sua stessa vocazione.
Quando il fenomeno del Sessantotto con l’ondata sovversiva e violenta della contestazione studentesca per la liberazione dalle ingiustizie sociali, penetrò anche nella Chiesa e coinvolse molti studenti universitari e delle scuole superiori che abbandonarono GS, don Giussani “colse l’occasione per porre nuovamente l’accento sul cuore del cristianesimo” chiarendo che per comprendere la storia e orientarla al bene, occorre un’altra sapienza. Criticando i suoi per aver affrontato la situazione “secondo l’etica di tutti gli altri” lanciò una nuova prospettiva, un giudizio diverso: “Si può salvare il mondo solo esprimendo socialmente una comunione che già esiste… È venuto il momento di fare, ma di fare cosa? L’unica cosa per cui siamo nati è la comunione”. (…)
Sotto una grande fioritura di iniziative e di opere le radici si erano inaridite: si trattava di ripartire da un nuovo inizio, che avrebbe portato a una nuova consapevolezza del valore dell’io. Don Giussani già allora aveva infatti percepito il fenomeno di grave indebolimento dell’umano colpito dall’influsso nefasto e decisivo del potere, della mentalità comune dominante che atrofizza il cuore dell’uomo portandolo all’isolamento, al ripiegamento su di sé e perfino a una riduttiva concezione della comunità, considerata ambito protetto dove rifugiarsi.
Il “nuovo inizio”, la conversione continua e quotidiana, è del resto una costante del cammino proposto dal sacerdote, dirompente e umile, che sfidò la modernità influenzando la cultura contemporanea con contributi originali e profetici.
Nella miriade di fatti, svolte, nodi cruciali, trasversali alla storia di Comunione e Liberazione, si sente scorrere fra le pagine una storia “viva” che ancora parla, suggerisce, commuove…e soprattutto realizza la prospettiva insinuata nel titolo del libro: ci si trova introdotti, sempre più dentro, al cuore di don Giussani. E si scopre che il primo a seguire il carisma ricevuto fu lui, pronto a cogliere i segni della presenza misteriosa, a camminare sulle sue orme, a fidarsi più di Cristo che di sé stesso.