L’Italia è un scrigno di meraviglie, ma anche un custodia per reliquie singolari che ci portano con il cuore in Terra Santa. É il caso ad esempi dei Sacri Vasi che custodiscono il sangue di Gesù raccolto, secondo la tradizione, da Longino ai piedi della Croce e custoditi nella basilica rinascimentale di Sant’Andrea.
Prosegue il viaggio tra le reliquie della Terra Santa grazie alla rivista dei Francescani e ad ottobre si arriva nella terra dei Gonzaga davanti ad un forziere con 12 serrature. L’apertura è una vera cerimonia che si svolge ancora oggi secondo “un protocollo che affonda le sue radici nei secoli passati e che prevede addirittura la presenza di un notaio per redigere l’atto di apertura del forziere, ma soprattutto quella delle quattro persone in possesso delle chiavi: il vescovo, il presidente del Capitolo dalla cattedrale, il parroco di Sant’Andrea e il prefetto della città”.
Le date sono due. Una prevedibile, il Venerdì Santo e l’altra il 12 marzo memoria del ritrovamento.
La tradizione è legata a San Longino che avrebbe raccolto la terra ai piedi della croce intrisa del sangue di Gesù. E del resto sembra che ai soldati romani venissero date terre nel mantovano dopo aver servito in Siria e Palestina. Longino davvero è passato da Mantova? Inoltre “La prassi di raccogliere il sangue versato dai morti era prescritta dalle leggi rituali del Talmud, perché questo fluido corporeo contaminava la terra e quindi bisognava seppellirlo insieme al corpo. Di conseguenza, dopo la crocefissione qualcuno ha sicuramente raccolto il sangue di Cristo”.
Ma la storia della reliquia inizia come in molti altri casi negli anni dopo l’800 con una lettera di Carlo Magno a Papa Leone III. L’imperatore consiglia al Papa una sosta a Mantova proprio per venerare la reliquia. Leone III ne rimane colpito e decide che Mantova deve diventare luogo di pellegrinaggio. Negli anni la reliquia si perde e viene ritrovata nel 1048 con un evento miracoloso, grazie alla visione di un cieco.
Nel 1472 viene progettata da Leon Battista Alberti la chiesa come la vediamo oggi e che sorge su una piazza piuttosto stretta. Alberti progettò la facciata con pronao che si ispira a un arco romano. E non è il solo richiamo classico, del resto tipico del tempo. Nei secoli di storie se ne sono sovrapposte molte. Ad esempio nel 1848, dopo la battaglia di Montanara, i soldati austriaci entrarono nella cripta, ruppero il marmo che fungeva da ripiano dell’altare e bucarono il forziere da sopra. Rubarono i vasi d’oro cinquecenteschi, fatti realizzare da Isabella d’Este, e buttarono via la reliquia. Ma quella terra intrisa di sangue era già stata suddivisa in varia chiese della città e in piccoli ciondoli creati all’inizio del ‘600. Si ricrearono i Sacri Vasi anche grazie al risarcimento che offrì personalmente l’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe, due nuovi reliquiari d’oro.
E dei Sacri visa si vedono sempre le copie in bronzo sull’altare con a fianco due statue della bottega di Canova: la Fede e la Speranza. (ACI Stampa).