Questo è il testo dell’intervento che Vittore De Carli, presidente dell’ Unitalsi Lombardia, ha tenuto per l‘inaugurazione della Casa di Accoglienza Fabrizio Frizzi di Milano, avvenuta ieri, in via Giovanni Amadeo, 90, zona Ortica. De Carli è stato il promotore del progetto.
L’intervento integrale
C’eravamo lasciati un anno fa parlando del significato del dono. Oggi siamo qui, numerosi, per celebrare e festeggiare la grazia del dono: il dono che è questa casa, l’intreccio di doni che l’ha resa possibile. E per prepararmi al meglio per questa giornata, ho deciso di partecipare a un ritiro spirituale particolare: non in un santuario famoso come Lourdes, Loreto o Fatima, e nemmeno in un convento di frati. Ho scelto una camera del reparto di cardiologia dell’Ospedale S. Anna di Como, guidato dal dott. Carlo Campana, che ringrazio, senza l’aiuto del quale non sarei qui oggi.
Venti giorni fa infatti, mentre camminavo con mia moglie, sono andato in arresto cardiaco: soccorso e rianimato, sono stato portato in ospedale dove è iniziato il mio periodo di ritiro e riflessione. In un attimo mi sono ritrovato a vivere quello che avevo già vissuto otto anni prima, seppure in forma minore, facendomi capire che nella vita non si è mai soli, anche quando abbiamo dei momenti molto difficili.
La camera d’ospedale
Questo testo l’ho preparato dalla mia camera d’ospedale. E lasciatemi dire: oggi è una giornata di grande festa. La presenza di Carlotta, innanzitutto: mi fa sentire ancora più vicino l’uomo, l’amico Fabrizio Frizzi, che è stato con me il promotore di questa casa. Mi piace ricordare, oltre agli incontri che ho avuto con lui di persona a Roma, con la presenza dell’indimenticabile Elena Balestri, a Lourdes, durante i pellegrinaggi nazionali, quanto lui mi ha scritto nell’ultima settimana di settembre del 2015. In quei giorni molte persone pregavano per me. Ma soprattutto sentivo la preghiera degli ammalati e degli amici. Tanti erano a Lourdes, davanti alla Grotta. Anche Fabrizio era a Lourdes. Una sera era andato a pregare alla Grotta. E fra le tante persone, aveva ricordato innanzi alla Vergine in modo particolare anche quel suo amico del Nord, lo “svizzero”, come lui mi chiamava. Nell’sms che ho riletto preparando questo saluto, custodito in un vecchio cellulare, ci sono queste parole: “Vittore questa sera ho pregato per te davanti alla Madonna. Lei come noi ti vuole tanto bene. Forza amico mio. Ci vedremo presto”.
L’altro messaggio di Fabrizio, siamo a dopo la prima quindicina di ottobre del 2015: “Ho saputo da Massimiliano che stai meglio … Ho un sogno: mi piacerebbe tanto che a Milano si realizzasse una casa per accogliere i genitori dei bambini malati di tumore”. Già ce n’erano a Roma e Genova. A Milano, no. Poi il suo ultimo messaggio: gli auguri di Natale. Quindi, a causa della sua malattia, e della mia, i contatti sono diventati sempre meno.
In quelle settimane, dopo un lungo periodo di convalescenza, riaccendo il computer e comincio a scrivere quello che ho vissuto in quei mesi di ricovero in ospedale. Nasce così il libro pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana “Dal buio alla luce con la forza della preghiera”. L’ultima pagina era dedicata a questo progetto: che è poi diventato realtà anche grazie al volano rappresentato da quel libro, che ha aperto la via alla mobilitazione di attenzioni, risorse e sostenitori.
Il progetto
In molti non credevano alla riuscita di questo progetto. Troppe le difficoltà economiche e amministrative da affrontare. In pochi, ed è dura dirlo, mi hanno aiutato. Ma lungo la via ho trovato la ricchezza di tanti nuovi amici e sostenitori: a partire da papa Francesco che mi ha accolto quando gli ho presentato il libro, e ci ha inviato lettere, e donato il mattone – collocato in occasione della posa della prima pietra di questa casa – e ci ha donato il messaggio che leggiamo oggi. Gesti indimenticabili, com’è indimenticabile l’incontro dello scorso anno, quando il Santo Padre ha ricevuto il nostro gruppo di lavoro che gli ha presentato il progetto.
Un grande grazie va in primo luogo al nostro arcivescovo Mario Delpini, che è sempre stato al nostro fianco. Ricordo quel che disse in occasione del pellegrinaggio diocesano a Lourdes nel settembre del 2018: Milano ha tanti ospedali e luoghi di cura d’eccellenza, ma manca di strutture per l’ospitalità gratuita delle famiglie che devono accompagnare qui i loro figli bisognosi di cure. E definì “un sogno ispirato da Dio” questo progetto.
E voglio ringraziare il sindaco l’amico Giuseppe Sala, che ha accolto con favore il progetto ci ha sostenuto manifestando l’interesse a rimanere informato durante tutte le fasi di sviluppo dello stesso; gli amici della Banca di Credito Cooperativo di Milano, a partire dal presidente Giuseppe Maino e dal direttore Giorgio Beretta, nonché i funzionari Caterina Procopio e Alberto Pettinelli, che hanno creduto in noi e in questo progetto e lo hanno concretamente sostenuto. E poi ci sono tutte le persone che nel silenzio, e nell’ombra, mi sono state vicine. Un grazie particolare va alla mia famiglia e a mia moglie Lucia e ai miei figli,mia sorella che mi hanno spronato ad andare avanti anche nei momenti più difficili.Non posso dimenticare l’aiuto avuto da Antonella Dell’ Acqua assistente del sindaco Beppe Sala e da mons Claudio Fontana segretario del nostro arivescovo Mario. Oggi vorrei ricordare anche gli amici che mi sono sempre stati vicini e che, purtroppo, ci hanno lasciati: Roberto Curti, segretario regionale Unitalsi, amico da tanti anni, scomparso ormai dodici mesi fa; e Adriano Muschiato, persona di grande serietà professionale che ha divulgato per anni ai giovani la bellezza dell’Unitalsi, scomparso pochi giorni fa, domenica 12 marzo.
I ringraziamenti
Ma ho altre persone ancora che desidero ringraziare: il cardinale Angelo Comastri, già Arciprete della Basilica di San Pietro; monsignor Dario Edoardo Viganò, da tanti anni fratello e amico, sempre presente anche nei momenti più difficili. Ringrazio il mio fraterno amico Angelo Vaghi, che mi ha accompagnato in tutto il cammino della casa come un’ombra fraterna, come un vero angelo custode. Se la casa è diventata realtà, è anche perché lui mi è sempre stato accanto. E voglio ringraziare l’architetto Sara Ugazio, che ha progettato questo intervento e diretto i lavori con maestria nonché Luciano Pivetti, da sempre un amico, che ha accolto con entusiasmo dallo scorso anno la sua nomina a Presidente dell’Unitalsi Lombarda che gestirà da oggi Casa Frizzi; Elena De Silvestri, che ha messo tanto amore e che si sta occupando della casa come se fosse la sua. Vorrei ringraziare anche tutti gli altri, volontari, amici e professionisti, quali Fabrizio Milesi, per l’amministrazione, Angelo Pozzoni, per la parte legale, Gianluca De Matteis della società De-Ra Costruzioni e Costanzo Dalla Pietra della società SC Impianti, I volontari Maria Teresa Marzorati, Gianna Canzi, Orazio Mauriello, i cui nomi sono forse poco conosciuti, ma il cui aiuto è stato prezioso perché questa casa sorgesse. E sarà altrettanto prezioso perché possa funzionare, ed essere luogo di accoglienza secondo la sua vocazione: questa casa infatti, con i suoi 300 metri quadrati su tre piani, interamente ristrutturati, è ora in grado di ospitare sei nuclei familiari in sei mini appartamenti, con spazi privati e spazi comuni. Questa casa – nata accanto al Santuario della Madonna dell’Ortica – è prima di tutto un luogo di accoglienza, condivisione, fraternità. Il clima, lo stile, sarà quello di una famiglia. E questo proprio grazie alla presenza dei volontari, dei ragazzi del servizio civile e dei ragazzi delle superiori qui in alternanza scuola lavoro. Un luogo in cui crescere insieme e incontrare quelle realtà, anche dolorose, che spesso la vita ci fa conoscere ma per contribuire ad arricchire il senso della nostra esistenza.
Le prime famiglie
Aspettando le prime famiglie che saranno ospiti di “Casa Fabrizio Frizzi”, vorrei concludere e salutarvi con un ricordo che porto in me con particolare commozione. È quello di un bimbo che qualche anno fa arrivò a Milano da Caltanissetta per curarsi, e a cui l’Unitalsi ha dato supporto nel suo periodo più duro. Quel bambino, malato di tumore, ricoverato al Policlinico, aveva un desiderio: fare un giro in piazza Duomo su una carrozza con i cavalli. Riuscimmo a realizzare il suo sogno con l’aiuto di un amico che lavorava in Comune. Me lo ricordo ancora in quei suoi ultimi giorni di Natale, tutto imbacuccato e sorridente sulla carrozza insieme ai suoi genitori. Aveva sette anni. Il desiderio è che anche Casa Frizzi possa essere uno squarcio di serenità, il luogo in cui, nonostante il dolore e la fatica, altri bambini, con i loro familiari, possano ritrovare il sorriso e la speranza.
Vi ringrazio.