Gesù non è solo il volto umano di Dio. Gesù è anche il volto umano dell’uomo, cioè essendo pienamente uomo ci insegna a realizzarci come uomini e donne. Dio ci rende più umani. L’uomo ha da sempre cercato un “di più” per la sua vita. Anche quando si diceva ateo.
La mancia di Albert Einstein
Albert Einstein nel novembre 1922 diede come mancia a un cameriere dell’Hotel Imperial di Tokyo un foglietto, in tedesco, autografato: “Una vita tranquilla e modesta dà più felicità che la ricerca del successo, legata a costante inquietudine”. Quel cameriere tenne per caso quel foglietto – dopo aver maledetto il tirchio cliente – e fu battuto all’asta decenni dopo a 1,5 milioni di dollari. “Prezzo” a parte, è davvero singolare che il genio tedesco, uomo di scienza, consegnasse a uno sconosciuto delle riflessioni “laiche” sulla realizzazione della vita.
La felicità è non aver bisogno della felicità
Per l’antico filosofo greco Aristotele (300 a.C.) la vera felicità è esercitare il proprio libero ingegno, per il latino Seneca (60 d.C.) la felicità è non aver bisogno della felicità. Più vicino a noi, nel secolo scorso, per lo scrittore russo Lev Tolstoj la realizzazione è vivere per gli altri, per il francese Victor Hugo è essere amati per ciò che si è, per l’irlandese Oscar Wilde non è avere ciò che si desidera ma desiderare ciò che si ha, per l’inglese Winston Churchill il compimento della vita non è nell’avere ma nel condividere; similmente Gabriele D’Annunzio dice: “io ho quello che ho donato”.
Il pensiero di Cartesio e di Spinoza
Qualcuno a questo principio teorico di desiderio di realizzazione dà un nome e un volto. Per il filosofo olandese Baruch Spinoza (1600), il più convinto ed eretico tra i seguaci del razionalista Descartes (Cartesio) – per il quale quello di cui nom si ha prova di dimostrazione non esiste – “la traiettoria della vita di Cristo è un esempio insuperabile di serenità razionale… tanto forte da essere punita con persecuzione e morte”. Per lui dunque è l’umanesimo il nucleo essenziale della dottrina di Gesù. Da notare che Spinoza non crede in Dio e secondo lui “i miracoli e la stessa risurrezione sono fantasiose formule allegoriche che una tradizione pia e erronea si sforza di interpretare alla lettera”. Ancor più interessante quindi è il valore dato alla densità umana di Gesù. La ricerca degli atei interroga il nostro dare tutto per scontato.
L’ideale della perfezione morale
Gesù è “l’ideale di perfezione morale” per il filosofo tedesco Immanuel Kant (1724 – 1804), che si pone “al grado più alto della grandezza umana”, continua nella riflessione il filosofo francese Joseph Ernest Renan (ma non Dio, per lui). Così in Friedrich Nietzsche (1844-1900) l’ombra di Gesù Cristo pare comunque esercitare un fascino. Accanto ai suoi attacchi spietati contro il Cristianesimo, in uno dei suoi scritti annota: “Ironia contro chi crede che oggi il Cristianesimo sia stato superato dalle moderne scienze naturali. I valori cristiani non sono mai stati superati da tali scienze. Cristo in croce rimane ancora oggi il simbolo più sublime che esista dell’uomo”.
Le parole di Kafka
“Un abisso di luce” lo ha definito il praghese Franz Kafka (1883 – 1924), bandiera del modernismo e del realismo pessimista. In questo abisso ogni uomo scorge la parte migliore di sé, i richiami e le nostalgie più profonde del suo animo e anche il desiderio di oltrepassarsi. Gesù è colui “nel quale ogni uomo può riscattare se stesso”. È la definizione del poeta e regista Pier Paolo Pasolini (1922 – 1975), che arrivò a teorizzare che la sua vita, dilacerata e drammatica, potesse trovare nel Cristo un riscatto capace di procurargli un po’ di pace.
Il pensiero di Pierpaolo Pasolini
L’anno della sua morte Pasolini così scriveva: “Cristo? Come regista ne sono ancora segnato [dopo il film “il Vangelo secondo Matteo” 1964]. È lui il problema, lui l’uomo, lui il solo scandalo nel quale ogni uomo può riscattare se stesso. Anche se soltanto uomo. Io non credo che Cristo sia figlio di Dio – confessava lui stesso – perché non sono credente. Ma credo che in Cristo l’umanità sia così alta e rigorosa da andare al di là dei comuni termini”. Anche per lo scrittore Ignazio Silone (1900 – 1978) Gesù è l’espressione più alta, più pura e più feconda dell’umanità. In lui s’incarnano i valori che sono alla base della civiltà e che determinano la verità – cioè l’autenticità e la grandezza – dell’uomo.
La storia di Cristo di Papini
Pochi come Giovanni Papini (1881-1956) hanno vagabondato sulle strade del sapere alla ricerca della verità. Ha bussato a tutte le porte – filosofia, storia, religioni, letteratura – alla ricerca della verità. Invano. Dopo aver rifiutato e bestemmiato Cristo all’apice della sua ricerca tormentata scrive una “Storia di Cristo” dove si legge: “Dietro ogni porcaio, ogni sfiduciato c’è Cristo, il Vivente, con la potenza della sua risurrezione. Lo si sappia o meno, noi abbiamo bisogno soltanto di lui. Chi ricerca la bellezza nel mondo cerca, senza accorgersene, te che sei la bellezza intera e perfetta; chi persegue nei pensieri la verità, desidera, senza volere, te che sei l’unica verità degna di essere saputa; e chi si affanna dietro la pace cerca te, sola pace dove possono riposare i cuori più inquieti. Essi ti chiamano senza sapere e il loro grido è inesprimibilmente più doloroso”.
Le riflessioni di Ungaretti
Quando, nel 1942 Giuseppe Ungaretti (1888-1970) dal Brasile ritornò in Italia, aveva l’anima appesantita dal dolore. Come parlando direttamente a Gesù, dice: “Fa piaga nel tuo cuore la somma del dolore che va spargendo sulla terra l’uomo. Il Tuo cuore è la sede appassionata dell’amore non vano. Cristo, pensoso palpito, Astro incarnato nell’umane tenebre, Fratello che t’immoli perennemente per riedificare Umanamente l’uomo”.
L’anticlericale Ginzburg
Natalia Levi Ginzburg (1916-1990), scrittrice, madrina di Lotta Continua e politica del Partito Comunista ateo e anticlericale, su L’Unità nel 1988, prendendo lo spunto dalla proposta di togliere dalle aule scolastiche il crocifisso e dichiarandosi contraria alla proposta, presentava Gesù come “l’immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l’idea dell’uguaglianza tra gli uomini, fino allora assente. Il Crocifisso affratella tutti, le sue Parole sono la chiave di tutto. Sono il contrario di tutte le guerre. Sono l’esatto contrario del mondo come oggi siamo e viviamo. Toglierlo dalle aule sarebbe una perdita. Per tutti”. Mi colpisce sempre come gli atei siano spesso più in ricerca dei credenti. Seppur tormentata, è una ricerca interiore. Anche non credere è un “atto di fede”. Quelli che si definiscono credenti invece spesso si adagiano in “atti religiosi” tiepidi, carenti di fede, senza ricerca.
L’unico degno di fiducia è il Cristo Uomo
Papa Paolo VI ammonisce (1965): “Gesù è al vertice delle aspirazioni umane, è il termine delle nostre speranze, è il punto focale dei desideri della storia e della civiltà, è il centro dell’umanità, colui che dà un senso agli avvenimenti umani, colui che dà un valore alle azioni, colui che forma la gioia e la pienezza di tutti i cuori, il vero uomo, il tipo di perfezione, di bellezza, posto da Dio per impersonare il vero modello, il vero concetto di uomo, il fratello di tutti, l’amico insostituibile, l’unico degno d’ogni fiducia. È il Cristo Uomo”.
Cristo ha soltanto le nostre mani
Concludo con una citazione tratta dal romanziere Mario Pomilio (1921 – 1990): “Cristo non ha più mani, ha soltanto le nostre mani per fare oggi le sue opere. Cristo non ha più piedi, ha soltanto i nostri piedi per andare oggi agli uomini. Cristo non ha più voce, ha soltanto la nostra voce per parlare oggi della buona notizia. Cristo non ha più Vangeli che essi leggano ancora. Ma ciò che facciamo in parole e in opere è il quinto evangelio che si sta scrivendo”.